Il Senato è chiamato a esaminare due distinti disegni di legge sul salario minimo, proposti dal Movimento 5 stelle e dal Partito Democratico

Al vaglio del Senato i disegni di legge n. 310 e il 658 che riguardano il salario minimo per dare concreta attuazione al principio costituzionale sancito dall’art 36, ossia il diritto a percepire una retribuzione commisurata alla qualità e quantità del lavoro prestato.

Perché è importante il salario minimo?

In Senato si sta si sta discutendo sull’istituzione di un salario minimo legale, ossia di un limite sotto al quale non si può scendere.
Questo tipo di tutela esiste in 22 paesi dell’unione europea; ne sono esclusi Italia, Svezia, Austria, Danimarca, Finlandia e Cipro.
Nel nostro Paese la retribuzione minima è stabilita da Contratto collettivo del lavoro frutto delle contrattazioni sindacali.
Sorge la necessità di regolamentare in modo diverso la retribuzione minima per diversi motivi. Negli ultimi anni si è registrato un proliferare di contratti collettivi – ce ne sono circa 800 -, con variazioni sostanziali al loro interno.
Ci sono poi molte categorie di lavoratori esclusi dalle contrattazioni sindacali come i lavoratori domestici e gli agricoli.
Nel caso in cui una legge stabilisse il salario minimo, alla contrattazione collettiva spetterebbe il compito di fissare i trattamenti retributivi di maggior favore.

Disegno di legge n° 310

Presentato dal Partito democratico stabilisce un salario minimo di 9€ l’ora al netto dei contributi previdenziali e assistenziali, riguarda tutti i lavoratori e non fa riferimenti ai contratti nazionali.
Si affida poi al Ministero del Lavoro il compito di stabilire tramite decreto il compito d’individuare i contratti che prevedono un salario inferiore a 9 euro, per incrementarli fino a tale importo o per escluderli dal rispetto di detta soglia; e per stabilire le modalità con cui procedere all’incremento dei salari superiori a quello minimo.
Il disegno propone poi la nullità dei contratti stipulati dalla Pubblica Amministrazione se i soggetti con cui stipulano accordi o erogano benefici non applicano ai propri dipendenti il salario minimo.
Per i datori di lavoro che non riconoscono ai propri dipendenti il salario minimo orario sono previste sanzioni da 5000 a 15.000 euro.
La norma finale prevede che, salve fatte le norme di maggior favore, il salario minimo sarà applicato anche al livello retributivo inferiore dei contratti in corso alla data di entrata in vigore della legge e che si procederà all’aumento proporzionale dei livelli retributivi superiori, con modalità da definirsi con decreto.

Disegno di legge n° 658

Depositato dall’M5s nel luglio 2018, si riferisce solo ai lavoratori dipendenti subordinati e collaboratori e intende assicurare un salario dignitoso proporzionato alla quantità e qualità del lavoro, così come definiti dall’art 2094 c.c, nel rispetto dell’art 36 della Legge n. 300/1970.
Il salario dignitoso a cui fa riferimento non deve essere “inferiore a quello previsto dal contratto collettivo nazionale in vigore per il settore e per la zona nella quale si eseguono le prestazioni di lavoro e comunque non inferiore a 9 euro all’ora al lordo degli oneri contributivi e previdenziali” si legge nella bozza.
In caso di più contratti collettivi applicabili il trattamento economico complessivo “non può essere inferiore a quello previsto per la prestazione di lavoro dedotta in obbligazione dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali e datoriali comparativamente più rappresentative a livello nazionale nella categoria stessa” e comunque non inferiore a 9 euro all’ora.
Nel momento in cui manchi un contratto collettivo applicabile occorre fare riferimento a quello territoriale vigente per il settore e la zona in cui si effettuano le prestazioni, stipulato dalle organizzazioni di datori e lavoratori più rappresentative, la cui applicazione sia connessa e vicina dal punto di vista qualitativo all’attività lavorativa svolta, anche in modo prevalente. Se poi anche questo non è applicabile per scadenza o disdetta, il trattamento è quello stabilito dal previgente contratto di riferimento, fino a quando non verrà rinnovato, sempre nel rispetto del limite minimo di 9 euro.
L’importo del salario minimo in ogni caso sarà aumentato annualmente, nel rispetto dell’indice di variazione dei prezzi al consumo armonizzato tra i vari paesi europei, al netto dei valori energetici dell’anno precedente.

I dubbi degli “addetti ai lavori”

Tra 9€ netti e 9€ lordi la differenza non sembra così sostanziale e invece il divario è alto. Secondo Stefano Sacchi, presidente dell’Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche (Inapp) i beneficiari della proposta dell’M5s sarebbero il 14,6 per cento degli occupati, mentre quelli che rientrerebbero in quella del Pd sarebbero il 52,6 per cento. Alle due ipotesi, ha detto Sacchi, corrisponde un “costo” di 4,1 miliardi nel primo caso e di 34,1 nel secondo.
Diverse le cifre presentate dall’Istat secondo cui l’introduzione di un salario minimo di 9 euro lordi all’ora potrebbe aumentare di 1.073 euro la retribuzione media annuale per 2,9 milioni di lavoratori, il 21% di quelli attivi.
L’Ocse ha poi calcolato che, per non penalizzare l’occupazione, il minimo deve oscillare fra il 40 e il 60 per cento del salario mediano. Con il tetto dei 9 euro ci si attesta al 75-80 per cento. Andrea Garnero, economista dell’Ocse ha ricordato durante la sua audizione che la misura del salario minimo non è alternativa alla contrattazione collettiva, come avviene ad esempio in Belgio, Francia, Germania, Olanda o Spagna.
Scettici sull’istituzione del salario minimo sono poi Confindustria e le sigle sindacali.
“Si tratta di una misura che appartiene ai sistemi a relazioni sindacali deboli, non assimilabili al nostro”, ha detto in commissione lavoro la rappresentante della Cgil, Tania Sacchetti. Cgil, Cisl e Uilritengono infatti che vadano individuati contratti di riferimento di ogni settore, cioè quelli firmati dalle organizzazioni più rappresentative (definite, se necessario, anche con una legge sulla rappresentanza) ed estendere a tutti i lavoratori i relativi minimi di retribuzione.
Confindustria, che predilige la proposta M5S rispetto a quella del Pd poiché “salva” la contrattazione collettiva, ritiene infine che il problema non sia stabilire un salario minimo legale ma farlo rispettare.
 

Barbara Zampini

 
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