Cassata la sentenza di merito che aveva negato a un giovane il risarcimento dei danni morali patiti a causa di un incidente ritenendo che tale voce fosse già compresa nella liquidazione unitaria del danno non patrimoniale

Con l’ordinanza n. 33017/2021, la Cassazione si è pronunciata sul ricorso di un giovane rimasto coinvolto in un sinistro stradale al quale era stato riconosciuto, in sede di merito, una somma complessiva di € 248.805,38 oltre interessi e rivalutazione, a titolo di risarcimento del danno biologico; la Corte territoriale, tuttavia, aveva ritenuto di respingere la domanda di risarcimento dei danni morali in quanto i pregiudizi di tipo morale ai quali si faceva riferimento nell’atto di appello erano conseguenze già considerate nella liquidazione effettuata dal primo giudice sulla base delle Tabelle del Tribunale di Milano del 2008. Nel rivolgersi alla Suprema Corte, il danneggiato eccepiva che il giudice di prime cure avrebbe liquidato il danno non patrimoniale sulla base delle Tabelle del Tribunale di Milano del 2008, mentre solo nel 2009 le Tabelle hanno previsto una liquidazione unitaria del danno non patrimoniale e, dunque, la Corte d’Appello avrebbe dovuto aggiungere di necessità il danno morale nella misura di frazione del danno biologico dal 30% al 50% dello stesso.

Gli Ermellini hanno ritenuto fondata la doglianza proposta.

La sentenza impugnata, infatti, riferiva erroneamente che il danno morale fosse già incluso nelle tabelle che, però, corrispondevano a quelle milanesi del 2008, quando ancora non era stato incluso il cd danno morale: la pronuncia, pertanto, conteneva un pregiudizio di fondo nell’affermare che “debba ritenersi che le tabelle milanesi risarciscano tutti i pregiudizi”.

Le censure mosse dal ricorrente erano dunque “in grado di scalfire le varie ragioni del decidere addotte dalla Corte del gravame, non risultando del tutto considerato il danno morale che, per come inteso dalla giurisprudenza, si riferisce a un danno da sofferenza interiore con conseguenze estranee ai pregiudizi aventi base medico-legale, anche se di tale eccezionalità da giustificare la personalizzazione del danno biologico”.

Il giudice – hanno precisato dal Palazzaccio – “avrebbe dovuto adeguatamente considerare che, in base alla cd concezione unitaria del danno alla persona, ai fini della c.d. ‘personalizzazione’ del danno forfettariamente individuato (in termini monetari) attraverso i meccanismi tabellari cui la sentenza abbia fatto riferimento (e che devono ritenersi destinati alla riparazione delle conseguenze ‘ordinarie’ inerenti ai pregiudizi che qualunque vittima di lesioni analoghe normalmente subirebbe), spetta al giudice far emergere e valorizzare, dandone espressamente conto in motivazione, in coerenza con le risultanze argomentative e probatorie obiettivamente emerse ad esito del dibattito processuale, specifiche circostanze di fatto, peculiari al caso sottoposto ad esame, legate all’irripetibile singolarità dell’esperienza di vita individuale in quanto caratterizzata da aspetti legati alle dinamiche emotive della vita interiore o all’uso del corpo e alla valorizzazione dei relativi aspetti funzionali, di per sé tali da presentare obiettive e riconoscibili ragioni di apprezzamento”.

Nella motivazione nulla si evinceva in proposito, tenuto conto anche della gravità dei postumi subiti in giovane età dalla vittima dell’incidente, presumibilmente in grado di ingenerare ulteriore sofferenza interiore. Da l’ la decisione di cassare la sentenza impugnata, con rinvio alla Corte d’appello.

La redazione giuridica

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