Il ginecologo non avrebbe prudenzialmente ricoverato la gestante per un monitoraggio che avrebbe consentito – secondo l’accusa – di rilevare l’inadeguata ossigenazione della bambina; la piccola, a causa della sofferenza respiratoria nel periodo perinatale, ha riportato lesioni permanenti che avrebbero potuto essere evitare con un adeguato monitoraggio
E’ finito a processo per le lesioni riportate da una bambina a causa di una sofferenza respiratoria nel periodo perinatale. Il medico dovrà dunque difendersi davanti al Tribunale del capoluogo di provincia marchigiano dall’accusa di lesioni personali colpose.
Il fatto risale all’inverno del 2018. La mamma della piccola – come riporta Cronache maceratesi – si sarebbe presentata in ospedale il pomeriggio del 21 febbraio ma il ginecologo di turno avrebbe ritenuto di rimandarla a casa; ciò nonostante – secondo l’ipotesi del Pubblico ministero – le sue condizioni avrebbero dovuto indurre il professionista, per prudenza, a trattenerla al fine di monitorare la situazione.
Se ciò fosse successo – a detta del Pm – sarebbe stato possibile accorgersi “con probabilità significativa in tempi brevi e tali da consentire un parto cesareo” dell’inadeguata ossigenazione del feto dovuta alla presenza di quattro giri di cordone ombelicale intorno al collo, procedendo così alla soluzione chirurgica.
La donna era poi stata ricoverata alle 5.40 del mattino successivo e aveva dato alla luce la sua piccola, ma la neonata aveva riportato conseguenze permanenti. Ne era scaturita un’inchiesta sfociata nel rinvio a giudizio del camice bianco indagato. Nell’ambito del procedimento si sono costituiti parte civile i familiari stretti della bimba.
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