Telefonate anonime a presunta amante del marito, è molestia

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telefonate anonime

L’imputata, accusata per aver tempestato la parte offesa di telefonate anonime, a volte mute e a volte dal contenuto ingiurioso, eccepiva che il fatto avrebbe costituito al più un illecito civile

Era accusata del reato di molestia o disturbo alle persone per aver tempestato un’altra donna di telefonate anonime, dapprima mute e, dappoi, dai contenuti ingiuriosi, nella convinzione che avesse una affettuosa relazione con il proprio marito. L’imputata era stata condannata in sede di merito ai sensi dell’art. 660 del codice penale.

Nell’impugnare la decisione davanti ai giudici della Suprema Corte, la ricorrente deduceva l’erronea applicazione della legge penale in quanto, alla luce del contenuto degli epiteti da essa profferiti telefonicamente alla persona offesa, il fatto avrebbe costituito al più l’illecito civile dell’ingiuria.

I Giudici Ermellini, tuttavia, con l’ordinanza n. 20146/2020 hanno ritenuto il motivo del ricorso manifestamente infondato.

Il reato previsto dall’art. 660 del codice penale – specificano dal Palazzaccio –  consiste in qualsiasi condotta, nel caso di specie posta in essere col mezzo del telefono, oggettivamente idonea a molestare ovvero disturbare una persona interferendo nella sua vita privata ovvero di relazione; l’elemento soggettivo del reato consiste nella coscienza e volontà della condotta, tenuta nella consapevolezza della sua idoneità a molestare o disturbare il soggetto passivo, invadendone inopportunamente la propria sfera di libertà, senza che possa rilevare l’eventuale convinzione dell’agente di operare per un fine non biasimevole o addirittura per il ritenuto conseguimento, con modalità non legali, della soddisfazione di un proprio diritto.

Il reato in discorso, inoltre, “è solo eventualmente abituale, per cui può essere realizzato anche con una sola azione di disturbo o di molestia, purché ispirata da biasimevole motivo o avente il carattere della petulanza, che consiste in un modo di agire pressante ed indiscreto, tale da interferire sgradevolmente nella sfera privata di altri”.

Nel caso in esame, infine, la condotta contestata si differenziava oggettivamente da quella consistente nell’ingiuriare talvolta (mediante epiteti oggettivamente offensivi dell’onore e del decorso) il destinatario delle chiamate telefoniche, “con la conseguenza che il reato previsto dall’art. 660 cod. pen. concorre con l’illecito civile oggi sottoposto a sanzione pecuniaria previsto dall’art. 4, comma 1, lett. a), del d.lgs. n. 7 del 2016 (applicabile al caso di specie ai sensi dell’art. 2, secondo comma, cod. pen.), recante fattispecie sovrapponibile a quella dell’abrogato art. 594 cod. pen.”

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