In caso di collisione posteriore si configura l’ipotesi di tamponamento e spetta al tamponante dimostrare che la collisione è avvenuta per cause a lui non imputabili

La vicenda trae origine da un sinistro stradale avvenuto in provincia di Salerno nella primavera del 2014 e viene trattata dal Tribunale di Milano (sez. X,  sentenza n. 6162 del 12 ottobre 2020). Un uomo alla guida del proprio motociclo si scontrava con la parte posteriore di una Fiat Punto in seguito ad un repentino ed imprevedibile rientro dell’autovettura nella corsia di percorrenza successivamente ad un imprudente tentativo di sorpasso e a fronte del sopraggiungere di altro veicolo dal lato opposto.

Nelle more del giudizio la Compagnia assicuratrice della Fiat Punto versava al motociclista l’importo di euro 70.000,00 che veniva trattenuto a titolo di acconto.

Il Tribunale di Milano, considerate le prove testimoniali svolte, ritiene la domanda attorea fondata e ritiene dimostrato che la moto impattava la parte posteriore dell’autoveicolo in seguito ad un repentino ed imprevedibile rientro dell’autovettura nella corsia di marcia del motoveicolo, successivamente ad un non consentito ed imprudente tentativo di sorpasso e a fronte del sopraggiungere di altro veicolo dal lato opposto.

Tutti i testi hanno affermato che l’autovettura effettuava il tentativo di sorpasso del motoveicolo e che l’urto avveniva dopo il sorpasso e sulla parte posteriore dell’autovettura, sicchè trattasi di cosiddetto tamponamento.

Al riguardo viene premesso che durante la marcia i veicoli devono tenere, rispetto al veicolo che precede, una distanza di sicurezza che garantisca in ogni caso l’arresto tempestivo e siano evitate collisioni con i veicoli che precedono.

Inoltre, l’indirizzo della Suprema Corte conferma che l’avvenuta collisione fa scattare una presunzione di inosservanza della distanza di sicurezza da parte del conducente del veicolo tamponante, conseguentemente grava su costui l’onere di fornire la prova liberatoria e dimostrare che il mancato tempestivo arresto e la conseguente collisione sono stati determinati da cause in tutto o in parte a lui non imputabili.

In particolare, la distanza di sicurezza, che il conducente dell’autoveicolo è obbligato a rispettare dal veicolo che lo precede, deve essere calcolata in previsione della normale marcia dei veicoli e non di improvvisi, anomali ed imprevedibili ostacoli.

Non può essere pertanto addebitabile alla mancata distanza di sicurezza il tamponamento di un veicolo che si sia improvvisamente inserito nel percorso del veicolo sopraggiungente, ostacolandone la marcia con anomala e non consentita manovra.

In linea con tali principi, il Tribunale ritiene che il conducente del motociclo sia esente da responsabilità e che abbia fornito adeguata prova liberatoria avendo dimostrato che la collisione posteriore con il veicolo Fiat avveniva a causa di repentina e improvvisa reimmissione nella corsia di marcia.

Ne deriva che il conducente della Fiat ha effettuato una manovra di sorpasso non consentita in quanto ha sorpassato il motoveicolo senza essersi preventivamente accertato che vi fossero adeguate condizioni di visibilità e che la strada fosse libera “per uno spazio tale da consentire la completa esecuzione del sorpasso, tenuto anche conto della differenza tra la propria velocità e quella dell’utente da sorpassare, nonché della presenza di utenti che sopraggiungono dalla direzione contraria o che precedono l’utente da sorpassare”.

Sopraggiunto un veicolo nel senso opposto, la Fiat ha effettuato una manovra repentina e anomala di rientro sulla corsia di marcia, evidentemente per evitare la collisione con il veicolo proveniente dal senso opposto, e ha effettuato una frenata brusca e intensa.

Pertanto, ritiene il Tribunale che le modalità del tamponamento, oltre a essere addebitabili al conducente della Fiat, escludono qualsiasi concorso di colpa del motociclista che non poteva evitare lo scontro pur con l’impiego della dovuta diligenza.

Il conducente della Fiat viene condannato al ristoro dei danni fisici patiti dal motociclista come accertati dalla CTU espletata (frattura pluriframmentaria scomposta dei piatti tibiali e dell’estremo prossimale della tibia sinistra), che ha quantificato nella misura del 26% il grado di invalidità permanente.

Il danno non patrimoniale complessivamente calcolato ammonta a euro 110.518,00, importo da cui viene decurtato quanto già corrisposto dall’Assicurazione a titolo di acconto nel corso del giudizio.

Avv. Emanuela Foligno

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