Tondino di ferro nella pavimentazione stradale provoca la caduta del pedone che riporta danni fisici (Cassazione civile, sez. VI, 13/04/2022 n. 11932).

Tondino di ferro nella pavimentazione stradale è la causa dell’azione giudiziale proposta dal pedone danneggiato. Lo stesso ricorre, sulla base di due motivi, per la cassazione della sentenza della Corte di Appello di Napoli, che – respingendone il gravame esperito contro la sentenza del Tribunale di Nola – ha rigettato la domanda risarcitoria proposta contro il Comune di Marigliano ex art. 2051 c.c..

La ricorrente riferisce di avere subito lesioni fisiche derivanti dalla caduta provocata da un tondino di ferro nella pavimentazione stradale, occultato dalla presenza di erba.

Il primo Giudice rigettava la domanda dando rilievo alla inattendibilità della testimonianza del coniuge della danneggiata. La Corte d’Appello confermava il rigetto della domanda risarcitoria per caduta provocata da un tondino di ferro nella pavimentazione stradale, con differente motivazione.

Secondo i Giudici d’Appello, risulterebbe assente la prova della dinamica del sinistro, ciò in considerazione del fatto che il coniuge –presente al momento del sinistro-, non percepiva il motivo della caduta.

Per altro verso, sempre secondo i Giudici di secondo grado, “anche se si ammettesse la verità di quel fatto” (ovvero, l’inciampo nel tondino di ferro), la causa del sinistro andrebbe comunque ascritta – e ciò qualunque fosse la dimensione del tondino, ovvero se esso sporgesse per 30 cm. o per soli 4/5 cm. – all’imprudenza della danneggiata. Infatti, nel primo caso, il tondino  di ferro sarebbe stato perfettamente visibile, mentre, nel secondo caso, il pedone avrebbe potuto evitare di inciampare mantenendosi nella porzione più interna del marciapiede, pulita e sgombra da insidie, anziché muoversi sul margine più esterno coperto d’erba.

In sede di legittimità viene censurata dalla danneggiata la errata applicazione delle norme sulla responsabilità oggettiva ex art. 2051 c.c. e il difetto di prova della dinamica della caduta, nonché omesso esame di fatti decisivi.

La Suprema Corte sottolinea che non vi è stata alcuna violazione delle norme regolanti l’onere della prova. La violazione dell’art. 2697 c.c. è configurabile nell’ipotesi in cui il Giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne era onerata secondo le regole di scomposizione delle fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni.

I Giudici di Appello hanno rigettato le domande risarcitorie rilevando che la danneggiata non avesse dimostrato la dinamica del sinistro, ed in particolare il nesso causale tra res e danno, onere probatorio a carico di chi invochi la responsabilità da cose in custodia, pertanto è da escludersi la violazione dell’art. 2697 c.c., e la falsa applicazione dell’art. 2051 c.c..

Per quanto riguarda il lamentato omesso esame di fatti decisivi, gli Ermellini sostengono che, in realtà, nessuno dei fatti risulta decisivo, nel senso che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia.

In altri termini, tali fatti proverebbero la presenza del tondino di ferro, ma non che la caduta del pedone sia effettivamente da attribuire all’inciampo nello stesso tondino.

Non coglie nel segno, infine, il richiamo alla circostanza che il teste escusso ha visto cadere il pedone ed ha poi verificato che, in prossimità del luogo della caduta, vi era un tondino di ferro “che fuoriusciva verticalmente per 4/5 cm. piegandosi a 90 per proseguire parallelamente al suolo coperto da erba e foglie”, per concludere che tali circostanze apparivano idonee a determinare l’evento secondo il principio della c.d. causalità adeguata o quello similare della c.d. regolarità causale.

Conclusivamente, il ricorso viene integralmente rigettato.

La redazione giuridica

Pedone sprofonda in un tombino riportando lesioni

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