Respinta la richiesta di declaratoria di illegittimità del provvedimento assunto da un’azienda nei confronti di un dipendente per la anomalie nei rimborsi spese in occasione delle trasferte di lavoro

Licenziato per delle anomalie nei rimborsi spese richiesti in occasione delle numerose trasferte di lavoro impostegli dal suo ruolo aziendale. Il dipendente chiedeva la declaratoria dell’illegittimità del provvedimento ma sia il Tribunale che la Corte di appello rigettavano la domanda.

Il Giudice di secondo grado, in particolare, riteneva sussistente la lesione del vincolo fiduciario idonea a fondare la giusta causa di licenziamento “non ravvisandosi, in relazione al meccanismo di controllo delle spese di trasferta adottato dalla Società, in una logica di contemperamento tra le esigenze immediate di rimborso del personale e le esigenze aziendali di accurata verifica delle richieste di rimborso, né la tardività della contestazione né la lesione dell’affidamento del dipendente circa l’irrilevanza disciplinare delle condotte e rilevando, viceversa, queste nel senso di avvalorare il carattere doloso dell’artificiosa predisposizione delle richieste”.

Nell’impugnare la pronuncia di secondo grado, il ricorrente imputava alla Corte territoriale una lettura del principio di immediatezza della contestazione disciplinare del tutto soggettivistica; un’interpretazione che, “in quanto tesa a favorire, in relazione alle specificità dell’organizzazione aziendale, l’esercizio dei poteri datoriali di controllo”, finiva “per rendere subalterne le garanzie di certezza delle regole disciplinari e di effettività del contraddittorio da ritenersi viceversa prioritariamente considerate nell’affermazione del principio medesimo”.

La Suprema Corte, tuttavia, con la sentenza 7703/2020, ha ritenuto infondate le doglianze del ricorrente.

Il Giudice a quo, a detta degli Ermellini, aveva infatti correttamente applicato il principio di buona fede nell’esecuzione del contratto basando la propria pronuncia sul dato della piena consapevolezza da parte del lavoratore della rilevanza disciplinare delle condotte addebitate.

La società datrice, peraltro, aveva posto in essere un accertamento ben più ampio rispetto all’esecuzione del normale controllo a campione che aveva interessato il ricorrente estendendolo fino ad un periodo contiguo a quello per il quale era stato adottato il provvedimento disciplinare. In tale lasso di tempo l’accuratezza dei controlli aveva portato all’assunzione di informazioni presso gli stessi esercizi ove erano state effettuate le spese effettuate dal dipendente.

Da tali elementi la Corte territoriale aveva fatto discendere la legittimità del controllo successivo involgente ben tredici mesi e l’irrilevanza, ai fini del giudizio di tempestività della contestazione, del tempo decorso per lo svolgimento del peculiare tipo di indagine.  

La redazione giuridica

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