Respinto il ricorso presentato alla Corte di Appello di Roma, in base al quale la responsabilità doveva essere attribuita alle Regioni

Spetta al ministero della Salute esercitare il controllo e la vigilanza sulla pratica terapeutica della trasfusione del sangue e sull’uso degli emoderivati. E’ il Ministero stesso, quindi, a rispondere dei danni conseguenti a epatite e a infezione da Hiv, contratte da persone emotrasfuse. Questa la motivazione con cui la Corte di Appello di Roma ha respinto, con sentenza n. 2270/2017, l’impugnazione della sentenza emessa dal Giudice monocratico civile del Tribunale di Roma, che condannava il dicastero di Lungotevere Ripa a risarcire centinaia di emotrasfusi contagiati.
Il ministero aveva fatto ricorso evidenziando che, essendo il danno legato a diverse trasfusioni, la responsabilità doveva essere attribuita alle singole Regioni in quanto depositarie dei compiti amministrativi in materia di salute umana e veterinaria. Tale tesi è stata tuttavia respinta dai giudici, che hanno demandato la quantificazione dei danni biologici, morali e patrimoniali è stata affidata a un separato giudizio.
Per Marcello Stanca, presidente dell’Associazione per malati emotrasfusi e vaccinati (Amev) di Firenze e patrocinatore di alcuni dei soggetti danneggiati, ci sono voluti dieci anni per l’instaurazione del giudizio, ma alla fine i giudici hanno riconosciuto le ragioni dei cittadini danneggiati. Inoltre, sottolinea il legale, è particolarmente importante “il fatto che i giudici abbiano ritenuto presunta la responsabilità da contagio a partire dall’anno 1979, stabilendo che sangue ed emoderivati somministrati agli ammalati non rispondevano ai requisiti di ‘pulizia’ e di igiene preventiva che avrebbero sicuramente impedito il contagio”.
In questo quadro di nuovi principi, l’Amev Firenze auspica che il Governo voglia finalmente estendere il diritto all’equa riparazione, pari a 100.000 euro, a tutti i contagiati da emotrasfusione che finora sono stati esclusi dall’accesso al beneficio.

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