Al trattamento di fine rapporto non si applica la prescrizione triennale presuntiva, ma quella quinquennale, trattandosi di una retribuzione differita

È quanto si legge in una recente ordinanza della Sezione Lavoro della Cassazione n. 15157/2019.

La vicenda

La Corte d’Appello di Reggio Calabria aveva rigettato l’appello proposto da un lavoratore contro la sentenza del giudice di primo grado che aveva, a sua volta, respinto la sua istanza volta ad ottenere la condanna della società datrice di lavoro al pagamento di una somma di denaro a titolo di differenze del tfr.

La vicenda è giunta pertanto davanti ai giudici della Cassazione ove il dipendente lamentava l’errore commesso dalla corte d’appello per aver escluso l’applicabilità della prescrizione estintiva quinquennale, ritenendo applicabile invece, la prescrizione presuntiva di cui all’art. 2956 c.c.. Inoltre, a detta del ricorrente, la Corte territoriale non aveva considerato che il diritto non fosse prescritto, poiché un atto di messa in mora (non valutato in sede di appello) aveva interrotto la prescrizione.

I giudici della Suprema Corte hanno accolto il ricorso affermando che “al trattamento di fine rapporto non si applica la prescrizione triennale presuntiva, ma quella quinquennale, trattandosi di una retribuzione differita, ma soprattutto trattandosi di un’ indennità di fine rapporto, che non viene erogata o corrisposta periodicamente, solo essendo riconosciuta annualmente nel suo importo progressivamente maturato”.

In passato, al riguardo, la giurisprudenza di legittimità ha già chiarito che non è ammissibile l’eccezione di prescrizione presuntiva del credito al trattamento di fine rapporto di lavoro (Cass. 6522/2017), in quanto la prescrizione del diritto ad ottenere il pagamento del trattamento di fine rapporto decorre dalla cessazione del rapporto di lavoro e tale diritto non va confuso col diritto, maturante anche nel corso del rapporto, all’accertamento della quota temporaneamente maturata: l’uno ha per oggetto una condanna mentre l’altro ha per oggetto un mero accertamento.

La decisione

«La diversità di contenuto e di maturazione temporale dei due diritti soggettivi – si legge nell’ordinanza in commento – comporta il diverso regime della prescrizione, senza che la diversità stessa possa essere esclusa dalla loro connessione, data dalla parziale comunanza di elementi costitutivi (così Cass.8191/2006 e da ultimo Cass. 1684/2017)».

Inoltre, va ricordato l’ulteriore principio, più volte ribadito in giurisprudenza secondo cui “le prescrizioni presuntive, che trovano il proprio fondamento solo in quei rapporti che si svolgono senza particolari formalità in relazione ai quali il pagamento suole avvenire senza dilazione nè rilascio di quietanza scritta, non operano quando il contratto sia stato stipulato per iscritto“ (cfr Cass.n. 1392/2016; Cass.n. 11145(2012,Cass. n. 8200/2006, Cass. n. 1304/1995).

E poiché l’onere della prova del fatto che consente l’applicabilità di una data eccezione incombe su chi la solleva, è il datore di lavoro a dover eccepire e provare in sede di merito (cosa che non risultava essere avvenuta nel caso di specie) che il contratto di lavoro sia stato stipulato verbalmente e non per iscritto e si sia sempre svolto senza rilascio di quietanze scritte (Cass. n. 13792/2016).

La redazione giuridica

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