La condotta del comodante si pone in diretto nesso causale con l’infortunio occorso al lavoratore, che aveva riportato un trauma da schiacciamento compressivo da pressa con conseguente amputazione degli arti inferiori

Era stato condannato in sede di merito per il reato di cui agli artt. 41, 590 commi 1,2 e 3, e 583 comma 2 n.3, del codice penale per aver cagionato a un lavoratore una lesione personale gravissima consistita in un trauma da schiacciamento compressivo da pressa con conseguente amputazione degli arti inferiori.

Più specificamente, in base a quanto accertato, la parte lesa era stata assunta da una Cooperativa Sociale con le mansioni di incaricato alla selezione ed allo smistamento dei rifiuti; il giorno dell’incidente era stato convocato da un superiore presso la sede di lavoro, nonostante fosse il suo giorno di riposo, ed era stato destinato al compimento di attività da lui mai svolte in precedenza, consistenti nell’inserimento della carta da riciclare sul nastro che ‘l’avrebbe poi trasportata alla pressa schiaccia-rifiuti; nel corso del turno la pressa si era bloccata a causa dell’eccessivo volume di carta inserita e un collega l’aveva incaricato di sbloccarla; tale operazione era stata eseguita, secondo le istruzioni impartite dal collega, mediante posizionamento del lavoratore con i piedi direttamente sulla carta bloccata; sebbene il lavoratore avesse preventivamente spento l’interruttore del nastro trasportatore, una volta salito con entrambi i piedi sul bocchettone della pressa, l’improvviso sblocco del macchinario lo aveva fatto scivolare al suo interno con amputazione di entrambi gli arti inferiori.

L’ispettore della Asl aveva riscontrato che il macchinario era stato arbitrariamente assemblato in un unico percorso produttivo, cosicché il nastro era privo di attrezzature di protezione e lo spegnimento del nastro non interrompeva la lavorazione della pressa, né vi erano postazioni per intervenire sulla pressa al fine di sbloccare l’intasamento della carta.

La Corte territoriale aveva ritenuto provato che l’imputato avesse concesso in uso all’impresa datrice di lavoro dell’infortunato una pressa e nastro trasportatore nonché i dispositivi di protezione individuali non rispondenti alle disposizioni legislative e regolamentari vigenti in materia di salute e sicurezza sul lavoro.

Nel rivolgersi alla Suprema Corte di Cassazione il ricorrente deduceva, tra gli altri motivi, che la Corte d’Appello non avrebbe esaminato i dati fattuali specificamente dedotti dalla difesa nell’atto di impugnazione: in particolare, il contratto di consegna di macchinari avrebbe dovuto costituire oggetto, secondo il ricorrente, di un più rigoroso, effettivo e completo esame, sia perché aveva ad oggetto separatamente la pressa e il nastro trasportatore, sia perché il contratto di comodato esonerava la ditta fornitrice da ogni responsabilità in merito al funzionamento ed alle modalità di utilizzo dei macchinari, soprattutto se oggetto di modifica e di utilizzo “in linea di produzione”, da ciò desumendosi che l’assemblaggio in un unico processo produttivo non fosse riconducibile al cedente e che, singolarmente considerati, i due macchinari erano a norma, come chiaramente ammesso dall’ispettore del lavoro nel corso di un successivo esame.

I Giudici Ermellini, tuttavia, nel rigettare la doglianza proposta, hanno osservato che la responsabilità penale del ricorrente non si fondava sulla previsione dell’art.113 cod. pen. ma sulla contestata violazione degli artt. 41, 590, commi 1,2, e 3,583, comma 2, n.3 cod. pen. in relazione all’art. 23, comma 1, d. Igs. n.81/2008.

“La condotta del comodante – hanno specificato dal Palazzaccio – si pone, in altre parole, in diretto nesso causale con l’infortunio occorso al lavoratore in virtù della specifica previsione dell’art.23 d. Igs. n.81/2008. Tale norma individua un particolare divieto a carico di colui che concede in uso macchinari ed attrezzature di lavoro non conformi alle prescrizioni antinfortunistiche, dalla cui violazione derivano conseguenze di rilievo penale che non possono essere eluse con una clausola di esonero da responsabilità contenuta in un contratto, che comporta effetti civili oltretutto limitati alle parti dell’accordo, secondo il principio generale dettato dall’art.1372 cod. civ.”.

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