Tumore non tempestivamente diagnosticato, la responsabilità del medico di base

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La particolarità della decisione a commento, oltre all’episodio clinico in sé, riguarda l’importanza della condanna generica del Giudice penale al risarcimento dei danni.

La sentenza penale che pronuncia condanna definitiva dell’imputato a risarcire i danni alla parte civile in sede civile è vincolante come condanna generica al risarcimento e alle restituzioni.

La vittima presentava denuncia querela nei confronti del proprio medico di base per condotta imperita e negligente e in particolare per aver errato la diagnosi di un cancro così ritardando dal luglio 1999 al 15 marzo 2000 “nel disporre gli opportuni accertamenti diagnostici (ecografia)” e nel richiedere o comunque indirizzare il paziente a consulenze specialistiche.

I giudizi di merito

Il Tribunale penale di Forlì assolve il medico “perché il fatto non sussiste”, ritenendo che la ritardata diagnosi non avesse aggravato la situazione della donna perché, qualunque fosse stata la data dell’esatta diagnosi, la vittima avrebbe dovuto comunque subire una preventiva chemioterapia e poi la mastectomia, per cui non avrebbe ottenuto nessun “vantaggio” se il medico di base già a luglio 1999 fosse stato perito e diligente.

Avendo la vittima presentato ricorso, la Cassazione penale annullava la sentenza d’appello, con rinvio alla Corte penale d’appello di Bologna, che, con sentenza del 29 ottobre 2012 – in seguito a rinnovazione della istruttoria dibattimentale e ad espletamento di una perizia –, affermava la responsabilità del medico di base agli effetti civili, ritenendone colposa la condotta per non avere sin dal luglio 1999 disposto i necessari accertamenti. Comunque i giudici escludevano che la diagnosi tempestiva avrebbe evitato la mastectomia, ritenendo che l’unico conseguente danno fosse stato il prolungamento della malattia e della sofferenza fisica e morale. Sulla base di questo la Corte pronunciava nei confronti del medico di base condanna generica al risarcimento dei danni, rimettendo per la loro liquidazione al Giudice civile.

Pertanto, la vittima si rivolge al Giudice civile di Forlì che, con sentenza del 19 agosto 2019, ritenuto che il danno fosse limitato a quanto subito nello spazio temporale “perduto” intercorrente tra l’omessa diagnosi e la compiuta diagnosi, lo ha reputato già risarcito mediante un acconto che era stato versato in precedenza, rigettando la domanda. La Corte di Appello di Bologna conferma il primo grado.

Il vaglio della Corte di Cassazione

Secondo la vittima-ricorrente la Corte territoriale penale, in ordine all’appello da lei presentato come parte civile, aveva riconosciuto il medico di base “colpevole del fatto reato ascrittogli ai soli effetti della responsabilità civile”, condannandolo al risarcimento dei danni “per la cui liquidazione rimette le parti davanti al giudice civile”, in motivazione definendo nella condotta come “non… penalmente irrilevante essendo nella stessa configurabile il contestato delitto di lesioni personali colpose”. Il reato, inoltre, non era prescritto quando venne pronunciata la sentenza penale del 25 giugno 2003 da parte del Tribunale di Forlì. Pertanto, il Tribunale civile avrebbe dovuto ignorare quest’ultima “anche e soprattutto nel determinare la quantificazione del danno da risarcire”. La sentenza penale del Tribunale di Forlì è passata in giudicato, essendo stato presentato l’appello soltanto agli effetti civili dalla parte offesa.

Si lamenta, in sostanza, che la Corte civile d’appello avrebbe errato “a non annullare la sentenza civile di I grado che, a sua volta, aveva mancato di applicare i criteri civilistici nel verificare, sulla base della CTU del 2012 e degli altri accertamenti fattuali svolti in sede penale, nonché tramite l’ATP 2014, le conseguenze della condotta illecita… ai fini della liquidazione del danno”.
L’accertamento penale, seguendo la giurisprudenza di legittimità, non pregiudicherebbe l’accertamento civile riguardo all’esistenza e l’entità del danno. Il Giudice civile, quando viene adito solo per il quantum (come in questo caso), può accertare senza alcun vincolo se il fatto potenzialmente dannoso attribuito all’imputato abbia, oppure no, causato i danni lamentati. Inoltre, il diniego che una diagnosi tempestiva avrebbe evitato la mastectomia deriverebbe poi dalla regola del processo penale “dell’oltre ogni ragionevole dubbio”: pertanto la corte territoriale civile avrebbe violato pure l’articolo 112 c.p.c., per omessa pronuncia sul quinto e sul terzo motivo d’appello.

Il ragionamento è corretto e, conseguentemente, le censure vengono accolte (Corte di Cassazione, III civile, 30 luglio 2024, n. 21361).

Il danno risarcibile

Il Giudice penale di appello ha “individuato definitivamente il danno risarcibile” investendo il Giudice civile della sua liquidazione. Quindi il Tribunale, quale Giudice civile al quale la Corte d’Appello ha rimesso la liquidazione del danno accertato, non aveva il potere di accertare un altro… danno”, dovendo soltanto “determinare l’importo del danno già identificato ed accertato definitivamente. In altri termini, il Tribunale non poteva “procedere all’accertamento del danno derivante dalla mastectomia”, perché tale intervento, come accertato dal Giudice penale, “non è legato da un rapporto di causalità” alla condotta negligente del medico di base.

La Cassazione rimarca – e dà continuità – al principio secondo cui la condanna generica del Giudice penale al risarcimento dei danni dichiara “solo la potenziale lesività del fatto dannoso” e l’esistenza, secondo un criterio di semplice probabilità. Tale condanna generica è vincolante come condanna al risarcimento e alle restituzioni, ferma la necessità dell’accertamento, in sede civile appunto, della esistenza e della entità delle conseguenze dannose derivanti dal fatto individuato come potenzialmente pregiudizievole e del nesso di derivazione causale tra questo e i pregiudizi lamentati dai danneggiati.

La condanna generica penale, una volta divenuta definitiva, ha efficacia di giudicato sull’azione civile e portata omnicomprensiva, riferendosi ad ogni profilo di danno derivato dal reato, anche se non espressamente individuato nell’atto di costituzione di parte civile e non fatto oggetto di pronunce provvisionali.

La causa viene rinviata alla Corte di Bologna in diversa composizione.

Avv. Emanuela Foligno

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