Respinto il ricorso del titolare di un’azienda di trasporti contro il sequestro di un proprio veicolo dato in prestito a un terzo e utilizzato per fini illeciti

Il proprietario che cede a terzi la disponibilità di un bene in sé pericoloso, possibile fonte di danno e di responsabilità, anche penale (come un veicolo o un’arma), deve previamente accertarsi dell’idoneità soggettiva ed oggettiva della persona cui il bene stesso è consegnato, delle finalità sottese alla consegna, svolgendo quindi una verifica – la cui prova non potrà esser rimessa alle sue sole parole – che attesti l’adozione di un comportamento prudente ed adeguatamente rigoroso, l’unico in forza del quale lo stesso soggetto potrà non esser chiamato a rispondere dell’eventuale illecito poi commesso dal terzo con il bene medesimo”. E’ il principio di diritto sancito dalla Cassazione nella sentenza n. 30936/2020. Gli Ermellini, nello specifico, si sono pronunciati dal titolare di un’azienda di trasporti, contro il sequestro di un veicolo dato in prestito a un conoscente che ne aveva fatto un uso contrario alla legge.

Il ricorrente sosteneva di aver prestato il veicolo a uno “stimato imprenditore” locale considerato “uomo per bene” che glielo aveva chiesto per trasportare della legna presso la sua abitazione salvo invece farne un uso illecito, così “tradendo la fiducia accordatagli”, procedendo a una attività di gestione di rifiuti non autorizzata.

Il Gip, tuttavia, aveva evidenziato come il proprietario del veicolo non avesse provato la propria buona fede circa l’uso del veicolo da parte di terzi, né che questo non potesse essere addebitato ad una sua negligenza.

La Cassazione, confermando la decisione dei Giudici del merito ha sottolineato come, in generale,  il proprietario di un bene in sequestro che ne rivendichi la restituzione “non può limitarsi a spendere il proprio titolo e l’estraneità formale all’indagine, ma ha l’onere di provare la propria buona fede, ovvero che l’uso illecito della res gli era ignoto e non collegabile ad un suo comportamento colpevole o negligente”.

Nel caso in esame il Gip aveva correttamente ritenuto che tale onere non fosse stato assolto dal momento che il soggetto aveva riferito d’aver prestato un mezzo di trasporto “ad uno sconosciuto”, ossia a una persona che – sebbene identificata – era nota alla ricorrente come “imprenditore stimato” soltanto per sentito dire, “per quanto è dato sapere”.

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