Respinto il ricorso di un automobilista che si era visto negare il risarcimento in difetto di prove circa l’effettiva verificazione del sinistro stradale

La Cassazione, con l’ordinanza n. 36860/2021 si è pronunciata sul ricorso di un automobilista che si era visto respingere, in sede di merito, la domanda proposta per la condanna dell’impresa assicurativa designata dal Fondo di Garanzia per le Vittime della Strada, al risarcimento dei danni subiti in conseguenza di un sinistro stradale. A fondamento della decisione assunta, la corte territoriale aveva rilevato la correttezza della decisione del primo giudice nella parte in cui aveva attestato la mancata acquisizione di alcuna prova certa in ordine all’effettiva verificazione del sinistro stradale, tenuto conto della sostanziale inattendibilità delle dichiarazioni rese in giudizio dall’unico teste assunto.

Nel rivolgersi alla Suprema Corte, il ricorrente eccepiva, tra li altri motivi, che il Collegio distrettuale avesse omesso di pronunciarsi sui motivi di appello motivo di appello con i quali egli aveva dedotto il mancato esame, da parte del giudice di primo grado, della relazione del consulente tecnico d’ufficio nella parte in cui veniva analizzato il nesso di causalità tra le lesioni subite dall’attore e le modalità del sinistro dedotto in giudizio; in caso, invece, di pronuncia implicita di rigetto dei motivi di appello indicati, il ricorrente censurava l’illegittimità di tale pronuncia, in quanto del tutto priva di motivazione.

Gli Ermellini hanno ritenuto le doglianze manifestamente infondate.

Per la Cassazione, l’avvenuta attestazione, da parte di entrambi i giudici del merito, della mancata dimostrazione delle modalità di verificazione del sinistro secondo le indicazioni pretese dall’originario attore (in ragione della ritenuta inattendibilità dell’unico testimone escusso) – e dunque la sostanziale mancata dimostrazione che i danni denunciati fossero effettivamente dipesi dal sinistro dallo stesso dedotto in giudizio – era valso a determinare (sia pure per implicito) l’evidente irrilevanza (e dunque l’implicito assorbimento) delle censure avanzate dal(l’allora) appellante in relazione al mancato esame (da parte del primo giudice) della consulenza tecnica d’ufficio, attesa l’intuibile impossibilità di dedurre, da quest’ultima, alcun utile elemento di valutazione in ordine alle modalità di verificazione del fatto dannoso posto a base delle lesioni riscontrate sulla persona del ricorrente; potendo al più, l’ausiliario del giudice (come peraltro effettivamente avvenuto nel caso di specie), limitarsi all’attestazione dell’eventuale compatibilità di dette lesioni con il fatto così come astrattamente descritto dall’attore, impregiudicata restando la questione dell’effettiva dimostrazione, in sede giudiziale, del concreto ricorso di tale fatto dannoso.

La redazione giuridica

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