Nessuna attinenza tra l’idoneità al lavoro, valutata in relazione ai postumi di una patologia cardiaca che aveva comportato la dispensa dal servizio, e l’attribuzione del grado d’invalidità permanente ai fini del trattamento riservato al Vigile del fuoco vittima del dovere

Con l’ordinanza n. 30903/2021 la Cassazione si è pronunciata sul ricorso proposto dal Ministero dell’Interno nell’ambito del contenzioso con un Vigile del fuoco riconosciuto vittima del dovere per le conseguenze subite a causa dell’intervento di soccorso effettuato nell’esplosione di una palazzina che aveva prodotto cinque morti e venticinque feriti, con una percentuale d’invalidità stimata dalla Commissione Medica in misura del 24%.

Il Tribunale aveva accolto la domanda del Vigile che lamentava la sottostima del grado di invalidità complessivo accertato in sede tecnica, segnatamente con riferimento all’indice di invalidità permanente e alla commisurazione del danno biologico, attribuendo al ricorrente un grado d’invalidità calcolato nella misura del 33%; la predetta percentuale era stata confermata dalla Corte d’appello, in seguito alla rinnovazione della consulenza medico legale, sia per il deficit funzionale derivato dalla frattura del femore sia per la presenza di mezzi di sintesi incidenti sulla misura del danno biologico. Il Collegio distrettuale, tuttavia, aveva riformato la pronuncia di prime cure per non avere quest’ultima considerato che il superamento della soglia del 25% della complessiva invalidità avrebbe comportato altresì il riconoscimento dell’assegno ai sensi dell’art. 2, I. n. 407 del 1998 a decorrere dall’1 gennaio 2006, nonché dello speciale assegno vitalizio ai sensi dell’art. 5, co.3, I. n.206 del 2004 a decorrere dall’1 gennaio 2008 con attribuzione degli accessori di legge sui ratei scaduti.

Nel rivolgersi alla Suprema Corte, il dicastero lamentava “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”, in riferimento alla circostanza per cui la Corte territoriale non avrebbe considerato che il Vigile del fuoco, dispensato dal servizio per inidoneità legata all’infarto del miocardio occorsogli nel 2009, era stato in seguito ritenuto dal Tar pienamente idoneo al servizio operativo nel Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, quale componente delle squadre operative e dei servizi di vigilanza antincendio; rilevava che l’omessa valutazione di una siffatta decisione avrebbe determinato una contraddittorietà della motivazione per il fatto che il danneggiato, ritenuto incondizionatamente idoneo ai servizi operativi, fosse stato dichiarato invalido ‘con una percentuale superiore al 24%”.

Il Ministero deduceva, inoltre, che la Corte territoriale avrebbe adottato nel 2015 una decisione incompatibile con le risultanze della sentenza del Tar del 2013, passata in giudicato in quanto non appellata.

Gli Ermellini non hanno ritenuto di aderire alle argomentazioni proposte.

Risulta in atti che la questione relativa alla presunta incompatibilità tra indennizzo quale vittima del dovere e idoneità al servizio costituiva parte del thema decidendum fin dal primo grado di giudizio; la sentenza del Tribunale, riportata nel controricorso dava conto del rigetto della domanda proposta in tal senso dall’Avvocatura dello Stato, motivata con una statuizione di sostanziale neutralità del giudizio rispetto all’idoneità o meno alla mansione rispetto alla quantificazione dei postumi del danno conseguente all’attività di soccorso prestata nel 1987 dal vigile del fuoco, che la competente commissione aveva accertato con una quantificazione inferiore in applicazione di criteri di calcolo ritenuti erronei alla luce del d.P.R. n.181 del 2009; la domanda, riproposta in appello dalla difesa del Ministero, era stata nuovamente rigettata con una motivazione che, nel confermare la conclusione di primo grado sulla quantificazione complessiva dell’invalidità al 33%, aveva concluso che la valutazione sul grado di invalidità “…non può certo ritenersi scalfita dalle argomentazioni formulate dal Ministero appellante”, incentrate unicamente sull’idoneità della controparte “allo svolgimento del servizio di Vigile del Fuoco”; doveva, pertanto, ritenersi che sul punto vi fosse una “doppia conforme”.

Quanto al secondo motivo, invece, la Corte d’appello, recependo integralmente gli esiti della consulenza medico legale disposta nel grado, aveva affermato che non sussisteva attinenza tra l’idoneità al lavoro, valutata in relazione ai postumi di una patologia cardiaca che aveva comportato la dispensa dal servizio, e l’attribuzione del grado d’invalidità permanente ai fini del trattamento riservato alle vittime del dovere; nessuna incompatibilità può, infatti, ritenersi sussistente tra gli esiti di due vicende processuali, evolute su piani concettualmente diversi: la prima concernente la revisione da parte del Giudice dell’appello del punteggio di invalidità complessiva riconosciuto al Vigile del fuoco, la seconda riguardante il ripristino incondizionato dell’idoneità ai servizi operativi in capo allo stesso, quale effetto di un giudicato amministrativo.

La redazione giuridica

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