L’inadempimento degli obblighi di assistenza stabiliti dal giudice in sede civile non è automaticamente equiparabile alla violazione della legge penale

Il reato di violazione degli obblighi di assistenza, disciplinato dall’art. 570 del codice penale, non può ritenersi integrato se il genitore versa solo in parte l’assegno di mantenimento a favore del figlio. Lo ha chiarito la Suprema Corte di Cassazione, sesta sezione penale, con la sentenza n. 29896/2019.

I Giudici Ermellini si sono pronunciati sul ricorso presentato dal Procuratore generale presso la Corte di appello di Bologna contro la decisione del tribunale del capoluogo emiliano che aveva prosciolto perché il fatto non sussiste un uomo querelato dalla convivente more uxorio per non aver contribuito al mantenimento del figlio minorenne.

A detta del Gip, infatti, la condotta sanzionata dall’art. 570 c.p.  “presuppone uno stato di bisogno, nel senso che l’omessa assistenza deve avere l’effetto di fare mancare i mezzi di sussistenza che comprendono quanto necessario per la sopravvivenza, situazione che non si identifica né con l’obbligo di mantenimento, né con quello alimentare, aventi una portata più ampia”.

Nel caso in esame, essendo l’inadempimento delle obbligazioni solamente parziale, la ricorrenza dello stato di bisogno non poteva dirsi sufficientemente accertata. La persona offesa avrebbe potuto tuttavia agire in sede civile per recuperare i crediti nel frattempo maturati.

La Cassazione ha ritenuto di condividere tali motivazioni respingendo il ricorso proposto.

I Giudici del Palazzaccio, in particolare, hanno confermato che deve escludersi ogni automatica equiparazione dell’inadempimento dell’obbligo stabilito dal giudice civile alla violazione della legge penale. Il Giudice, infatti, deve valutare se la condotta abbia inciso in maniera apprezzabile sui mezzi economici che l’onerato deve fornire.

La Suprema Corte ha appurato che, in base a quanto accertato dal giudice di merito, il padre, nel periodo in contestazione, non aveva versato solo una parte delle somme. In generale aveva invece  sempre costantemente contribuito al mantenimento del figlio, pagando anche le spese straordinarie della refezione scolastica e corrispondendo tutto l’occorrente nei periodi che il minore trascorreva in sua compagnia. L’imputato, pertanto, con il suo comportamento non avrebbe fatto venire meno, in concreto, la fruizione dei mezzi di sussistenza da parte dell’avente diritto.

La redazione giuridica

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