Secondo il Pm Giovanni Melillo il nosocomio era diventato “la base logistica per trame delittuose”. Grillo: “ora basta, la camorra non può tenere in ostaggio la sanità campana”.

L’ospedale San Giovanni Bosco di Napoli “era diventato la sede sociale” di un cartello di camorra, l’Alleanza di Secondigliano. La malavita, nello specifico, avrebbe controllato “il funzionamento dell’ospedale, dalle assunzioni, agli appalti, alle relazioni sindacali”. E’ quanto affermato dal procuratore di Napoli, Giovanni Melillo, in relazione a un maxi blitz maxi blitz che ha portato a 126 arresti.

 In sostanza, ha sottolineato Melillo, “l’ospedale era diventata la base logistica per trame delittuose, come per le truffe assicurative attraverso la predisposizione certificati medici falsi”.

Il concetto è stato ribadito anche dal Ministro della Salute Giulia Grillo, che in un video sul suo profilo Facebook ha profilato lo scioglimento dell’ospedale per infiltrazioni camorristiche. La titolare del dicastero ha spiegato come i clan avessero “deciso di lucrare sulla pelle dei malati, la cosa più immorale che si possa mai immaginare”.

Tra le ingerenze malavitose nella struttura sanitaria è emersa, ad esempio, la pratica del trasporto in ambulanza dei pazienti già deceduti in ospedale per permettere ai parenti di riportarli a casa. Il tutto dietro compensi ‘tutti al nero’ che oscillavano tra i 400 e i 500 euro.

In pratica, secondo quanto ricostruito dagli investigatori, le ambulanze di una ditta privata gestita dal clan sfruttavano la volontà dei familiari dei pazienti morti presso il nosocomio di riportare il defunto a casa, cosa non possibile per chi muore in ospedale. Venivano quindi truccate le carte per far apparire le dimissioni da vivo e il deceduto veniva trasportato in ambulanza fino a casa.

Chiaramente – come riferito da un collaboratore di giustizia – affinché tutto andasse in porto vi era anche la collusione dei medici che non facevano apparire la morte in ospedale. Lo stesso pentito – come riportato in un passaggio dell’ordinanza del gip –  nel 2015 parlava di “direttori sanitari sempre a disposizione del clan e pronti ad accettarne le imposizioni” e di camici bianchi “che hanno prestato la propria opera per feriti da arma da fuoco del clan che non dovevano passare in ospedale”.

Sulla vicenda è intervenuto il presidente dell’Ordine dei medici di Napoli, Silvestro Scotti. “L’azione dello Stato – ha affermato – ha liberato un presidio cruciale nell’assistenza territoriale nella città di Napoli dal giogo del malaffare”.

Secondo Scotti, tuttavia, bisogna “disinnescare pericolose dinamiche di banalizzazione dei fatti che potrebbero portare ad una criminalizzazione dei medici”. “Il rischio – ha sottolineato – è quello di gettare via il bambino con l’acqua sporca”. Infatti, “se è vero che i clan hanno trovato negli anni terreno fertile all’interno del San Giovanni Bosco, altrettanto vero è che i primi a rispondere all’appello anticamorra lanciato dal commissario Verdoliva nei mesi scorsi sono stati proprio i medici. Uomini e donne che hanno subìto aggressioni e intimidazioni, e che nonostante tutto non hanno mai abbassato la testa”.

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