Le organizzazioni si schierano contro la norma prevista dal Decreto Calabria che prevede la presenza dello psicologo negli studi dei medici di medicina generale

I sindacati medici prendono posizione sulla norma contenuta nel decreto “Calabria” che legittima la presenza dello psicologo nelle cure primarie. La misura, inoltre, fa direttamente riferimento alll’ACN della medicina generale, indicando che, qualora le Regioni vogliano autorizzare l’aumento del massimale, il medico interessato debba realizzare una integrazione interprofessionale con infermieri e psicologi.

“Il Medico di Medicina Generale formato non ha necessità di essere coadiuvato dagli psicologi nello svolgimento dell’assistenza di tipo olistico nei confronti dei suoi assistiti”. Ciò in quanto “la lunga formazione teorica e pratica sul campo gli consentono di intervenire con efficacia nella precoce individuazione e conseguente trattamento delle fasi di disagio psicologico dei pazienti”. A sottolinearlo è Angelo Testa, presidente dello SNAMI (Sindacato Autonomo dei Medici  Italiani). Inoltre, aggiunge Testa, “la categoria è in evidente sofferenza economica per cui non può permettere che vengano sottratti fondi dal comparto e che si millantino ipotetici investimenti che sappiamo non esserci”.

Sulla questione è intervenuto anche lo SMI (Sindacato Medici Italiani).

“Non si possono sottrarre risorse e competenze ai medici di famiglia con la presenza della figura dello psicologo negli studi dei medici di medicina generale”, ha il Segretario generale Pina Onotri.

“Lo SMI – prosegue – da sempre sostiene che la medicina del territorio si debba organizzare con una struttura di lavoro a rete, integrando professionisti (Medici di famiglia, Continuità Assistenziale Infermieri, Specialisti Ambulatoriali, e psicologi, assistenti sociali), ma altra questione è quella di prevedere l’affiancamento nell’attività medica di un psicologo”.
Per Onotri, il nostro Paese. alla luce della carenza di medici, dei pensionamenti, dell’esodo verso l’estero di professionisti, ha bisogno di un’efficacia politica di programmazione che porti all’aumento del numero dei professionisti medici e non di misure che gravano sulle scarse risorse destinate alla Medicina Generale.

“Ai medici –conclude la rappresentante sindacale – non sono necessari ‘coadiuvatori’ nelle loro attività di diagnosi e di cura, ma di nuove misure di sostegno, di valorizzazione della professione medica. I medici di medicina generale non hanno bisogno di misure che tendono a sostituire competenze professionali dal costo più alto, perché di più è costata la loro formazione, con quelle che sono costate di meno”.

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