Accolto il ricorso di un imputato malato di Parkinson contro il rigetto dell’istanza di differimento dell’udienza per legittimo impedimento

L’impedimento a comparire dell’imputato, che concerne non solo la capacità di recarsi fisicamente in udienza, ma anche quella di parteciparvi attivamente per l’esercizio del diritto costituzionale di difesa, può essere integrato anche da una malattia a carattere cronico, purché determinante un impedimento effettivo, legittimo e di carattere assoluto, riferibile ad una situazione non dominabile dall’imputato e a lui non ascrivibile. Lo ha ribadito, coerentemente con il consolidato orientamento giurisprudenziale, la Suprema Corte di Cassazione nella  sentenza n. 13607/2020 pronunciandosi sul ricorso presentato da un uomo malato di Parkinson, finito a giudizio e condannato in sede di merito per reati in ambito paesaggistico ed edilizio.

Nel ricorrere per cassazione l’imputato deduceva la violazione di legge ed il difetto di motivazione in ordine al rigetto dell’istanza di differimento dell’udienza perché legittimamente impedito per gravi ragioni di salute; eccepiva, inoltre, la nullità della sentenza per difetto del contraddittorio e lesione del diritto di difesa. Nello specifico esponeva di aver prodotto il certificato medico relativo al suo impedimento a comparire, mentre la Corte territoriale aveva deciso sulla base di una perizia disposta ed eseguita alcuni mesi prima.

I Giudici Ermellini hanno ritenuto di aderire alle argomentazioni del ricorrente, annullando senza rinvio la sentenza impugnata.

Dal certificato medico prodotto risultava, infatti, che l’imputato era affetto da morbo di Parkinson in fase avanzata con impaccio motorio, limitazione nei movimenti ed apatia, cardiopatia ipertensiva con fasi di scompenso cardiocircolatorio, diabete mellito, vascolopatia cerebrale cronica con deficit mnemonico, in trattamento farmacologico specialistico. Pertanto, il medico aveva concluso che il paziente non poteva spostarsi dal proprio domicilio.

Nonostante tale documento, alla successiva udienza, la Corte territoriale, dopo aver sentito il perito che aveva dichiarato – sulla base di una visita effettuata due mesi prima –  che l’imputato era in grado di muoversi autonomamente anche se con tremori, ne aveva dichiarato l’assenza ed aveva definito il processo, senza alcuna valutazione del certificato medico prodotto.

E’ nozione di comune esperienza – hanno evidenziato dal Palazzaccio – che il morbo di Parkinson è patologia non remissiva, ma ingravescente, con la conseguenza che i Giudici avrebbero dovuto argomentare per quale ragione non avevano ritenuto affidabile il certificato medico più recente, redatto tre giorni prima dell’udienza.

Nel caso esaminato, il sanitario aveva certificato l’impossibilità dell’imputato di allontanarsi dal proprio domicilio. E tanto bastava, in virtù delle patologie da cui lo stesso era affetto, a giustificare il rinvio. Ad avviso della Cassazione, il rigetto dell’istanza di differimento non era coerente rispetto al dato clinico certificato ed integrava la violazione dell’art. 178, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., essendosi verificata una nullità di ordine generale, per lesione del diritto di difesa costituzionalmente garantito.

La redazione giuridica

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