Perdita del rapporto parentale futuro è il singolare tema trattato dalla Suprema Corte (Cass. civ., sez. III, 26 aprile 2022, n. 12987).

Perdita del rapporto parentale futuro e conseguenti limiti alla risarcibilità nello specifico caso del danno sofferto dal nipote di 8 mesi per la morte del nonno provocata da illecito civile.

La Cassazione torna sul danno da perdita del rapporto parentale, respingendo la domanda di risarcimento per perdita del rapporto parentale futuro invocato a favore della nipote di soli 8 mesi per la scomparsa del nonno.

I genitori della neonata invocano la posta risarcitoria per la perdita del rapporto parentale futuro in conseguenza della morte del nonno a seguito di un sinistro stradale.

Nello specifico, i ricorrenti invocano la perdita di una sorta di rapporto parentale futuro, “ossia della perdita che, una volta cosciente, la minore avvertirà e che consiste nel non poter aver il nonno con sé, ossia vivere dei momenti con lui come nella normalità dei rapporti tra nonno e nipote”.

Gli eredi della vittima hanno agito davanti al Tribunale di Roma, per conseguire un maggiore risarcimento rispetto a quello spontaneamente riconosciuto dalla Assicurazione, ed il Tribunale ha liquidato un importo complessivamente superiore a quello corrisposto in via extragiudiziale e condannato i convenuti al pagamento della differenza.

Questa decisione è stata appellata sia dai convenuti che dagli eredi della vittima, da parte dei primi, relativamente alla risarcibilità di alcuni danni, e, da parte dei secondi, relativamente alla quantificazione del danno nonché relativamente al mancato riconoscimento della perdita del rapporto parentale futuro a favore di una delle due nipoti, che al momento del fatto aveva 8 mesi.

La Corte di Appello di Roma ha rigettato gli appelli incidentali ed ha riconosciuto in parte fondati gli appelli principali, aumentando lievemente la somma riconosciuta in primo grado: ha tuttavia escluso il risarcimento del danno da perdita del rapporto parentale futuro in favore della nipote.

Gli Ermellini ribadiscono che il danno al minore infante è qualificabile come danno futuro e che, a sua volta, per il danno futuro possono ipotizzarsi due diverse configurazioni: il danno virtuale e quello eventuale.

Il primo dei due è un danno certo al momento del fatto illecito, ma destinato ad avere ripercussioni nel futuro; il danno futuro eventuale è invece un danno che al momento del fatto illecito non si sa se si verificherà in futuro, ed è quindi ipotetico.

La perdita del rapporto parentale, determina la perdita dei reciproci affetti in corso, che sono, a differenza del danno morale soggettivo, “dimensioni oggettive” del pregiudizio, ossia “utilità” la cui estinzione rileva a prescindere dalla sofferenza che quella perdita può produrre sul parente sopravvissuto.

Pertanto, la perdita del rapporto parentale, in quanto perdita delle utilità che il rapporto consente, è necessariamente una perdita attuale, che consiste nella definitiva impossibilità di godere di quel legame, con la conseguenza che costituisce pregiudizio rilevante solo per il congiunto che di tale rapporto sia parte, non in senso formale, ma nel senso di poter trarre dal rapporto le utilità che esso offre e che l’illecito fa perdere definitivamente.

In altri termini, il danno da perdita del rapporto parentale futuro dell’infante, ovvero la sua futura sofferenza per la perdita attuale del nonno, è un danno eventuale che non può essere ritenuto rilevante ora per allora, in quanto se si può riconoscere, in astratto, una eventuale sofferenza postuma, «non si può ammettere un godimento postumo dei beni che il rapporto familiare consente».

Ad ogni modo, sottolinea la Corte: i ricorrenti hanno chiesto che venga risarcito il pregiudizio da perdita del rapporto parentale futuro del nonno, a favore della nipote infante, quale che esso sia, come lo si qualifichi. Semmai, allora va posta questione se essi hanno inteso riferirsi al danno morale soggettivo, ossia alla sofferenza che potrebbe in futuro provare la minore, quando sarà in età di avvertire la perdita, oppure se abbiano inteso riferirsi, alternativamente, alla perdita del rapporto parentale in quanto tale – e le due situazioni sono distinte per pacifico assunto, non cumulabili, se si vuole, ma di certo distinte, ed alternativamente risarcibili.

Per entrambi i pregiudizi, comunque, la conclusione è negativa.

Si ricorreva negli anni ’80-‘90 all’espediente del danno futuro: non può soffrire oggi, ma soffrirà quando avrà coscienza della perdita, ed ovviamente la dissociazione temporale tra il fatto illecito ed il pregiudizio che ne segue non impedisce la rilevanza del danno, non essendo connaturale a quest’ultimo la contestualità con l’azione lesiva.

Quell’espediente era una conseguenza del fatto che l’unica ipotesi di danno non patrimoniale rilevante, quando quella giurisprudenza si è formata, era il danno morale soggettivo: cosi che il danno futuro, ossia la dissociazione temporale tra fatto lesivo e ripercussione dannosa, costituiva un rimedio di politica del diritto alla eventualità che all’infante, non patendo immediatamente sofferenza per la perdita, venisse negato risarcimento, pur potendo invece quella sofferenza prodursi in seguito.

La Corte rigetta sia il ricorso principale che quello incidentale. Compensa le spese.

Avv. Emanuela Foligno

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