Un comune lombardo era stato citato a giudizio per il risarcimento dei danni subiti da un passante in conseguenza di una caduta causata da una buca sul marciapiede

Nel corso del processo di merito, instaurato dinanzi al Tribunale di Milano (sent. n. 1144/18) , era emerso, grazie anche alle dichiarazioni di un testimone, che la caduta era stata causata da un’anomalia del marciapiede, peraltro non segnalata.

L’Ente convenuto in giudizio, si difendeva adducendo che l’attore frequentava abitualmente i luoghi ove era avvenuto il fatto; quasi cioè, a voler dire che poteva presumersi che egli conoscesse bene l’esistenza della buca che aveva cagionato il sinistro.

Ma per il giudice del capoluogo lombardo tale asserzione è del tutto fuorviante.

Non è questo il caso del Condominio – afferma – luogo circoscritto e che può essere conosciuto, dagli abituali frequentatori. Siamo, invece, in una strada aperta al pubblico transito; non sembra esigibile che il cittadino conservi memoria di tutte le anomalie del manto stradale, tanto più quando si tratti di modesti dislivelli, quindi, scarsamente visibili, ma proprio perciò altamente pericolosi; per altro verso l’utente della strada nutre un’ovvia aspettativa in ordine alla regolarità di un manto stradale non indicato come dissestato da un apposito segnale di pericolo e l’ora diurna non necessariamente rende percepibile un dissesto (per tali rilievi si veda Cass., 22604/09).

Fatte queste premesse il Tribunale meneghino ricorda che la questione del risarcimento dei danni richiesto ai Comuni per gli incidenti che si verificano a causa dei dissesti delle strade è differente in base alla disposizione del codice civile invocata: l’art. 2043 (Risarcimento per fatto illecito. Qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno. (Cod. Pen. 185), ovvero l’art. 2051 (Danno cagionato da cosa in custodia. Ciascuno e responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito).

E la differenza è sostanziale!

L’applicazione dell’art. 2043 fa sì che sia il danneggiato a dover provare la colpa del Comune, allegando in causa che la buca o la disconnessione rappresentava un pericolo occulto (definito anche insidia o trabocchetto), caratterizzato dalla coesistenza dell’elemento oggettivo della non visibilità e dell’elemento soggettivo della imprevedibilità.

L’applicazione dell’art. 2051 consente una inversione della prova: il comune è obbligato a custodire le strade, con la conseguenza che è responsabile dei danni cagionati alle persone e cose, nei limiti in cui non vi sia l’impossibilità di governo del territorio. L’obbligo di custodia sussiste se vi è: a) il potere di controllare la cosa; b) il potere di modificare la situazione di pericolo insita nella cosa o che in essa si è determinata; c) il potere di escludere qualsiasi terzo dall’ingerenza sulla cosa nel momento in cui si è prodotto il danno; se anche il danneggiato ha avuto un ruolo causale nella determinazione dell’evento dannoso troverà applicazione l’art. 1227 c.c. (Casa., 27 marzo 2007 n. 7403).

Nella giurisprudenza di legittimità è costante il principio secondo cui la responsabilità ex art. 2051 cod. civ. sussiste in relazione a tutti i danni da essa cagionati, sia per la sua intrinseca natura, sia per l’insorgenza in essa di agenti dannosi, essendo esclusa solo dal caso fortuito, che può essere rappresentato – con effetto liberatorio totale o parziale – anche dal fatto del danneggiato, avente un’efficacia causale tale da interrompere del tutto il nesso eziologico tra la cosa e l’evento dannoso o da affiancarsi come ulteriore contributo utile nella produzione del danno (da ultimo Cass. 7 aprile 2010 n 8229).

Rispetto alle strade aperte al pubblico la stessa Cassazione ha ritenuto che la disciplina di cui all’art. 2051 cod. civ. è applicabile in riferimento alle situazioni di pericolo connesse alla struttura o alle pertinenze della strada, essendo configurabile il caso fortuito in relazione a quelle situazioni provocate dagli stessi utenti, ovvero da una repentina e non specificamente prevedibile alterazione dello stato della cosa che, nonostante l’attività di controllo e la diligenza impiegata allo scopo di garantire un intervento tempestivo, non possa essere rimossa o segnalata, per difetto del tempo strettamente necessario a provvedere.

La responsabilità del Comune

Deve, perciò, affermarsi che il danneggiato che invochi la responsabilità di cui all’art, 2051 c.c. contro una P.A. (o il gestore), in relazione a danno originatosi da bene demaniale o patrimoniale soggetto ad uso generale e diretto della collettività, non è onerato della dimostrazione della verificazione del danno in conseguenza dell’esistenza di una situazione qualificabile come insidia o trabocchetto, dovendo esclusivamente provare – come avviene di regola per le ipotesi di responsabilità per i danni cagionati da una cosa in custodia – l’evento dannoso e l’esistenza del rapporto eziologico tra la cosa e l’evento suddetto. Trattandosi di un’ipotesi di responsabilità aggravata e non di responsabilità oggettiva, la P.A., per liberarsi dalla presunzione gravante su di essa, deve dare la prova del fortuito e quindi dimostrare mancanza di colpa, che emerge sul piano del raffronto tra lo sforzo diligente necessario per prevenire ed evitare l’evento e la condotta mantenuta (cfr. Cass. 20 febbraio 2006, 3651).

La presunzione di responsabilità per il danno cagionato dalle cose che si hanno in custodia, stabilita dall’art. 2051 c.c., è applicabile nei confronti dei comuni, quali proprietari delle strade del demanio comunale, pur se tali beni siano oggetto di un uso generale e diretto da parte dei cittadini, qualora la loro estensione sia tale da consentire l’esercizio di un continuo ed efficace controllo che sia idoneo ad impedire l’insorgenza di cause di pericolo per i terzi.

Il fattore decisivo per l’applicabilità della disciplina ex art. 2051 c.c. deve individuarsi nella possibilità o meno di esercitare un potere di controllo e di vigilanza sui beni demaniali, tenendo conto non soltanto con riguardo all’estensione della strada, ma anche alle sue caratteristiche, alla posizione, alle dotazioni, ai sistemi di assistenza che lo connotano, agli strumenti che il progressi tecnologico appresta, in quanto tali caratteristiche acquistano rilievo condizionante anche delle aspettative degli utenti, rilevando ancora, quanto alle strade comunali, come figura sintomatica della possibilità del loro effettivo controllo, la circostanza che le stesse si trovino all’interno della perimetrazione del centro abitato.

Ebbene, nel caso di specie, doveva affermarsi la responsabilità del Comune ai sensi dell’art. 2051 c.c..

Nel caso in esame era sussistente l’anomalia della cosa non segnalata, vi era poi, la prova del nesso di causa, mentre da parte sua il Comune non ha provato il fortuito, ma si è limitato a congetture e illazioni sul comportamento del pedone.

Si deve pertanto dichiarare la sussistenza del diritto della parte attrice al risarcimento dei danni subiti, tenuto conto della quantificazione dei danni quale risulta dalla documentazione e dall’esperita consulenza medica.

 

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