Confermata la condanna di un uomo che aveva creato un falso profilo su Facebook per adescare una ragazza minore al fine di consumare un atto sessuale
“Atti sessuali con minorenne” e “adescamento di minorenne” attraverso un falso profilo su facebook. Per tali reati, disciplinati rispettivamente dagli art. 609 quater e 609 undecies del codice penale, un uomo era stato condannato in primo e secondo grado di giudizio.
Più specificamente il soggetto, secondo quanto appurato in sede di merito, aveva fatto entrare nella propria auto una ragazza, all’epoca non ancora quattordicenne. Quindi l’aveva baciata in bocca e le aveva sfilato pantaloni e slip, consumando con lei un rapporto sessuale completo. Inoltre, aveva utilizzato un falso profilo facebook per adescarla e commettere l’atto sessuale, dichiarandole di avere 17 anni.
L’imputato aveva impugnato la sentenza di appello per cassazione. Ma la Suprema Corte, sezione penale, con la sentenza n. 7006/2018 non ha ritenuto di aderire alle sue argomentazioni, ritenendole infondate.
Per i Giudici del Palazzaccio, infatti, egli stesso aveva ammesso le condotte contestate, pur giustificandole sulla base di un “reale sentimento provato nei confronti della minore”.
Era inoltre stato assodato che “l’imputato aveva un falso profilo su facebook e con questo aveva adescato la ragazzina con cui aveva consumato il rapporto di cui al capo d’imputazione”.
La Suprema Corte, infine, ha precisato che in corso di causa era stato presentato il certificato di una psicologa che aveva dato conto della fragilità della ragazza. Questa risultava essere stata “soggiogata da un uomo più grande, desiderosa di apparire agli occhi di questi più matura ed attraente della sua età anagrafica”.
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