Il caffè riduce il rischio di fibrosi epatica e cirrosi: risultati di una meta-analisi

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La fibrosi epatica e la cirrosi rappresentano le principali cause di morte tra i pazienti affetti da malattie croniche epatiche (MCE). 

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Le aspettative di vita nei pazienti con una diagnosi di fibrosi epatica o cirrosi si riducono significativamente, considerando anche che aumenta la probabilità di carcinoma epatocellulare. Quindi la prevenzione delle MCE rappresenta uno “outcome” fondamentale, che può essere raggiunto anche attraverso la dieta. A tal proposito alcuni recenti studi riportano effetti epatoprotettivi del caffè, sebbene il suo meccanismo d’azione non sia ancora stato delucidato; ed emerge un’associazione inversa tra consumo di caffè e di estratti di caffè e fibrosi epatica in modelli animali.

D’altra parte nell’uomo, il consumo di caffè è stato associato ad una riduzione dei livelli dell’attività di ALT e dei livelli di GGT, entrambi indicatori di fibrosi epatica e cirrosi. A tal proposito questa meta-analisi ha preso in considerazione gli effetti benefici ottenuti con un consumo basso-moderato e alto di caffè analizzando la letteratura disponibile a giugno 2015. Due “reviewers” hanno recuperato la letteratura consultando i motori di ricerca MEDLINE, Web of Science ed Embase, combinando le seguenti parole chiave: coffee, beverage, caffeine, risk, liver, hepatic cirrhosis, liver cirrhosis, hepatic fibrosis, liver fibrosis.

Sono stati analizzati gli studi di coorte e i case-control relativi al consumo di caffè in pazienti in cui veniva valutata la progressione della fibrosi epatica e cirrosi epatica. Studi in lingua diversa dall’inglese o studi che non analizzavano questi outcomes primari sono stati esclusi dalla meta-analisi. A partire da 1657 articoli trovati in letteratura, un’accurata scrematura ha portato ad includere nella meta-analisi 16 studi, di cui 7 case-control e 9 studi di coorte. Di questi 8 valutavano l’associazione tra consumo di caffè e cirrosi, 7 consumo di caffè e fibrosi epatica, 1 valutava l’associazione con entrambe le patologie.

Gli autori osservavano tra i vari studi una significativa eterogeneità (I2=72.1% Qtest p<0.01), che diminuiva significativamente (I2=11.50%) escludendo uno studio americano, che non riportava alcuna associazione e uno studio italiano che riportava una fortissima associazione. Come strumento statistico sono stati usati il calcolo dell’odds ratio (OR o rischio relativo rispetto al non consumo) e l’intervallo di confidenza al 95% (95%CI). Gli autori definiscono come: basso-moderato consumo di caffè, un intake <2 caffè al giorno, un elevato consumo di caffè, un intake≥2 tazze di caffè al giorno.

I risultati mostrano una significativa azione protettiva legata al consumo di caffè sia nei pazienti con cirrosi che fibrosi epatica. Gli autori tuttavia ammettono che lo studio presenti delle limitazioni, legate prima di tutto al fatto che sono stati analizzati lavori prodotti nei Paesi occidentali e senza fare ricerca manuale, questo potrebbe aver causato una sovrastima dell’effetto, visto che risultati negativi in studi piccoli tendono a non essere pubblicati. Altra limitazione è rappresentata dalla durata del consumo, che non è stata presa in considerazione e che potrebbe essere una potenziale sorgente di eterogeneità.

Dott.ssa Lara Testai

Società Italiana di Farmacologia

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