Un impellente bisogno fisiologico e la sosta in corsia d’emergenza causano la morte di un motociclista, deceduto a seguito del forte impatto con l’autovettura. Ma i giudici della Cassazione assolvono l’imputato ritenendo la sua sosta giustificata dal “malessere” fisiologico

Nel 2017 la corte d’appello di Roma aveva confermato la decisione con la quale il Giudice per l’udienza preliminare, all’esito di giudizio abbreviato, aveva assolto un automobilista, indagato del delitto di omicidio colposo ai danni di un motociclista, con la formula “perché il fatto non costituisce reato”.
L’indagato, di professione tassista, mentre stava percorrendo, in orario mattutino, una via pubblica, arrestava la marcia del suo veicolo in corsa, spostandosi sulla corsia di emergenza, a causa di un impellente bisogno fisiologico.
E, quando stava per risalire sulla propria autovettura veniva violentemente tamponato da un motociclo. Il conducente era l’uomo deceduto a seguito dell’impatto.
In entrambi i gradi di giudizio il tassista veniva assolto con formula piena. Nel corso dell’istruttoria, era emerso che egli fosse affetto da problemi prostatici e pertanto, doveva ritenersi giustificata la sua sosta in corsia d’emergenza, vista la sua condizione di “malessere”.
Peraltro, il veicolo era stato parcheggiato correttamente, ben accostato sulla destra.

Il ricorso per Cassazione

Ma per i parenti della vittima, si trattava di una vera e propria ingiustizia. Cosicché decidevano di ricorrere per Cassazione.
Con un articolato ricorso, questi si dolevano del fatto che la sentenza impugnata avesse omesso di valutare una circostanza rilevante ai fini del giudizio: il fatto cioè che l’autore del presunto reato poco prima dell’impatto, aveva usato il proprio cellulare per fare una telefonata. Tale evenienza costituiva la prova che la sosta del taxi si era prolungata più del necessario.
Ma non è tutto. Per gli stessi ricorrenti era errata anche la valutazione operata dai giudici di merito in ordine al bisogno urinario qualificato come “malessere”, visto che esso non corrispondeva ad una incontinenza cronica e, in ogni caso, neppure poteva dirsi circostanza imprevedibile o improvvisa, tanto più perché il bisogno fu preceduto da una telefonata. Dalle testimonianze, era inoltre, emerso che, in fase di sosta, egli non avesse neppure azionato le quattro frecce, né indossato il giubbotto catarifrangente.

Il “malessere” del conducente

A proposito della contestata qualificazione del bisogno urinario come “malessere” ai giudici della Cassazione è bastato richiamare l’indirizzo, adottato dalla giurisprudenza di legittimità e ancora una volta condiviso, secondo cui: “deve essere inquadrato il bisogno fisiologico nel concetto di malessere che giustifica la sosta sulla corsia d’emergenza ai sensi dell’art. 157 C.d.S., comma 1, lett. d). Invero, il termine “malessere” non può esaurirsi nella nozione di infermità incidente sulla capacità intellettiva e volitiva del soggetto come prevista dall’art. 88 c.p., o nell’ipotesi di caso fortuito di cui all’art. 45 c.p., bensì nel lato concetto di disagio e finanche di incoercibile necessità fisica anche transitoria che non consente di proseguire la guida con il dovuto livello di attenzione e quindi in esso deve necessariamente ricomprendersi l’improvviso bisogno fisiologico (dipendente o meno da malfunzionamento organico) che notoriamente esclude quella condizione di benessere fisico indispensabile per una guida corretta che non ponga in pericolo sia lo stesso conducente ed i terzi trasportati sia gli altri utenti della strada”.
Le contrarie affermazioni dei ricorrenti, dunque, per la Cassazione non hanno alcun pregio.
Né poteva assumere rilievo la dedotta circostanza della telefonata da parte dell’imputato, poco prima di soddisfare il suo bisogno di minzione: come opportunamente chiarito dalla corte d’appello, l’impatto avvenne dopo che la suddetta telefonata era terminata, quando egli aveva già espletato il suo bisogno fisiologico e si accingeva a risalire in macchina. Dunque, nel momento in cui l’impatto avvenne, la sosta d’emergenza era comunque giustificata (essendo essa consentita, a norma del sesto comma dell’art. 176 Cod. Strada per «il tempo necessario per superare l’emergenza stessa»), a nulla rilevando che essa fosse stata protratta di qualche istante per la precedente, breve telefonata.

La decisione

Non sussistevano neppure, diversamente da quanto asserito nel ricorso, le condizioni nelle quali è prescritto l’uso obbligatorio delle segnalazioni luminose (cd. quattro frecce) in base agli artt. 153, 162 e 176 comma CdS, né quelle nelle quali è prescritto l’uso di dispositivi retroriflettenti di protezione individuale (cd. giubbotti catarifrangenti, di cui al comma 4-bis dell’art. 162 CdS: dalla lettura della sentenza impugnata era infatti, emerso che il sinistro si era verificato in una mattinata piena di sole poco dopo le ore 9.00, in un tratto di strada pressoché rettilineo e quindi con buona visibilità.
Insomma per i giudici della Cassazione, l’incidente si era verificato esclusivamente, a causa della distrazione della vittima e pertanto la decisione impugnata è stata confermata e il tassista, scagionato in via definitiva dal reato di omicidio colposo.

La redazione giuridica

 
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