La Cassazione si è espressa sul caso di un infermiere aggredito da un paziente, fornendo precisazioni sulle eventuali responsabilità dell’Ospedale

Quali sono le responsabilità dell’Ospedale nel caso di un infermiere aggredito da un paziente? A questa domanda ha risposto la Corte di Cassazione con la sentenza n. 14566 del 12 giugno 2017, fornendo alcune interessanti precisazioni su questo punto.

Nel caso di specie preso in esame dalla Corte, un infermiere aggredito da un paziente in Pronto Soccorso aveva agito in giudizio nei confronti dell’Ospedale presso cui lavorava, con lo scopo di ottenere la condanna del nosocomio al risarcimento del “danno biologico, morale, professionale e patrimoniale” subito.

La richiesta dell’infermiere è stata però respinta sia in primo che in secondo grado, non ritenendo i giudici che l’azienda ospedaliera e datrice di lavoro potesse dirsi responsabile per l’aggressione.

Non solo, i giudici hanno osservato che l’Ospedale non aveva la possibilità di attuare dei mezzi di tutela oggettivamente idonei a eliminare o ridurre il rischio di aggressione fisica agli infermieri in servizio presso il Pronto Soccorso, sostenendo che il lavoro in sé implica il contatto fisico con i pazienti, con la conseguenza che non è possibile installare delle barriere protettive tra l’infermiere e il paziente.

E se la Corte d’appello ha specificato che l’aggressione era avvenuta improvvisamente, va detto anche che lo stesso infermiere aggredito da un paziente non era stato in grado di indicare quali misure si sarebbero potute adottare, in via preventiva, per evitare l’accaduto.

Tuttavia, l’infermiere ha deciso di rivolgersi alla Corte di Cassazione per ottenere un annullamento della sentenza, e osservando che ai sensi degli artt. n2087, n2043 e n2059 del codice civile, “spettava al datore di lavoro provare di avere adottato le misure necessarie a tutelare l’integrità del lavoratore”.

Nello specifico, l’art. 2087 c.c. impone al datore di lavoro di dimostrare non solo di aver adottato tutte le misure idonee a tutelare l’integrità del lavoratore, ma anche di aver vigilato sulla loro osservanza. Ebbene, nel caso dell’infermiere aggredito da un paziente, l’Ospedale non era stato in grado di dimostrare tutto questo, e si era limitato a sostenere l’eccezionalità dell’evento.

Secondo l’infermiere, inoltre, la Corte d’appello aveva sbagliato anche nell’escludere la colpa dell’azienda ospedaliera, perché sarebbe errato affermare che la stessa “non fosse a conoscenza delle insicure condizioni in cui i medici e gli infermieri assegnati al Pronto Soccorso erano costretti a svolgere la propria prestazione lavorativa” e, dunque, il datore di lavoro avrebbe dovuto far fronte al proprio obbligo di tutelare del lavoratore.

Alla luce di tali considerazioni, la Corte di Cassazione ha stabilito di dare ragione all’infermiere aggredito da un paziente, accogliendone il ricorso e rilevando le responsabilità del datore di lavoro. La Cassazione ha infatti definito la responsabilità del nosocomio di natura “contrattuale”, con la conseguenza che il lavoratore deve dimostrare l’esistenza del danno che afferma di aver subito e che lo stesso si è prodotto a causa della “nocività dell’ambiente di lavoro”, mentre è il datore di lavoro che deve provare di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno.

Nel caso di specie, invece, l’Ospedale non aveva fornito questa dimostrazione, con la conseguenza che la Corte d’appello aveva erroneamente rigettato la domanda risarcitoria avanzata dal lavoratore.

La Cassazione ha quindi accolto il ricorso dell’infermiere, sostenendo che è dovere dell’Azienda Ospedaliera adottare tutte le misure necessarie a tutelare l’integrità fisica del personale in servizio.

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