Contro la richiesta di archiviazione del Pubblico Ministero, il denunciate proponeva, a mezzo del proprio difensore, atto di opposizione trasmesso via PEC

Ma dopo qualche tempo, il predetto difensore, apprendeva solo casualmente che l’istanza era stata rigetta e ordinata l’archiviazione.
Depositava, allora, “incidente di esecuzione a mezzo del quale chiedeva dichiararsi la non esecutività del decreto di archiviazione con i provvedimenti conseguenti per quanto concerneva la rimessione in termini, ovvero la fissazione della camera di consiglio per la trattazione dell’opposizione a suo tempo debitamente depositata”.
Ma l’istanza non fu accolta, in quanto era ormai decorso il termine per formulare opposizione (di dieci giorni previsto dall’art. 408/3 cod. proc. pen. – aumentato a 20 gg a decorrere dal 04/08/2017 – decorrente dalla notifica della richiesta di archiviazione del Pubblico Ministero) e posto che nel predetto termine l’ufficio giudiziario non aveva ricevuto alcun atto di opposizione o meglio, l’atto in questione risultava essere stato inviato via PEC, ossia con modalità non corretta”.

Il ricorso per Cassazione

A detta del denunciante, la decisione del giudice delle indagini preliminari, costituiva provvedimento abnorme, in quanto aveva archiviato de plano senza prendere in considerazione l’atto di opposizione che esso ricorrente, aveva provveduto a depositare presso la Segreteria del Pubblico Ministero a mezzo PEC, con ciò omettendo di considerare quanto prevede, ad esempio, l’art. 583, Cpp, ai sensi e per gli effetti del quale l’atto di impugnazione si può spedire anche con raccomandata ar; sicché se si considera che la PEC altro non è che una raccomandata digitale, per quale ragione il tribunale avrebbe dovuto considerare l’opposizione trasmessa in maniera non corretta?
Il motivo non è stato accolto
«L’atto di opposizione alla richiesta di archiviazione del Pubblico Ministero – affermano gli Ermellini –  avrebbe dovuto essere depositato con le modalità previste dall’art. 121 cod. proc. pen. e non, come erroneamente ritiene il ricorrente, a norma dell’art. 583 cod. proc. pen. in quanto l’opposizione non rientra nel genus delle impugnazioni essendo un atto diretto contro la richiesta del Pubblico Ministero e non contro un provvedimento del giudice».
In punto di diritto, va, quindi, rammentato che l’art. 121 cod. proc. pen. individua nel deposito in cancelleria l’unica modalità per le parti di presentazione delle memorie e delle richieste rivolte al giudice, mentre il ricorso a “mezzi tecnici che garantiscano la conoscenza dell’atto” è riservato ai funzionari di cancelleria ai sensi dell’art. 150 cod. proc. pen..
Quanto alla PEC, va rilevato che, a norma dell’art. 16 del d.l. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito con modificazioni dalla I. 17 novembre 2012 n.221, le notificazioni penali a persona diversa dall’imputato, a norma degli articoli 148, comma 2-bis, 149, 150 e 151, comma 2, del codice di procedura penale, si effettuano dal 15 dicembre 2014 per via telematica, in concreto attraverso la Pec. La suddetta normativa è prevista, quindi, solo a favore degli Uffici Giudiziari e nei confronti di persona diversa dall’imputato: correttamente, quindi, la richiesta di archiviazione fu comunicata al difensore del denunciante a mezzo PEC.
Al contrario, poiché l’art. 16 d.l. citato, non richiama né l’art. 121 né l’art. 152 cod. proc. pen. (“notificazioni richieste dalla parti private”), deve ritenersi che le parti private (nella specie il denunciante) non possano avvalersi della PEC per depositare memorie o richieste o comunque effettuare notifiche.

La decisione

Di recente la Corte di Cassazione ha chiarito che l’invio a mezzo fax (o con altre modalità diverse da quella disciplinata dall’art. 121 cod. proc. pen., come, appunto, l’invio a mezzo PEC) delle istanze, memorie, richieste non è inammissibile o irricevibile, ma la sua mancata delibazione – quando il giudice non ne sia venuto a conoscenza – non comporta alcuna violazione del diritto di difesa e quindi alcuna nullità, in quanto la scelta di un mezzo tecnico non autorizzato per il deposito espone il difensore al rischio dell’intempestività con cui l’atto stesso può pervenire a conoscenza del destinatario, ed in ogni caso la parte che si avvale di tale mezzo di trasmissione ha l’onere di accertarsi del regolare arrivo del fax e del suo tempestivo inoltro al giudice procedente (Cass. 1904/2018).
Per tali motivi, l’impugnazione è stata perciò dichiarata inammissibile per manifesta infondatezza.
Di nulla poteva dolersi il ricorrente sia perché aveva proposto l’opposizione con un mezzo non consentito, sia perché, successivamente, non si era accertato se la suddetta opposizione fosse o meno stata tempestivamente trasmessa al giudice delle indagini preliminari.

La redazione giuridica

 
 
Leggi anche:
L’UTILIZZABILITA’ DELLE SENTENZE CIVILI IRREVOCABILI NEL PROCESSO PENALE

- Annuncio pubblicitario -

LASCIA UN COMMENTO O RACCONTACI LA TUA STORIA

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui