Respinta la domanda di una donna volta a vedersi riconoscere, in sede di dichiarazione di cessazione degli effetti civili del matrimonio una quota del TFR erogato in favore dell’ex marito

In sede di merito si era vista respingere la domanda di assegno divorzile e attribuzione di una quota di trattamento di fine rapporto erogato in favore dell’ex coniuge. Nell’impugnare la decisione della Corte di appello davanti alla Suprema Corte di Cassazione, la donna eccepiva che il giudice territoriale avesse omesso la pronuncia sulla domanda avente ad oggetto la quota di TFR ritenendo mancante uno specifico motivo di appello che, a suo avviso, era stato invece, sebbene implicitamente, proposto.

Effettivamente il Giudice territoriale aveva confermato la sentenza di primo grado in ordine al mancato riconoscimento dell’assegno divorzile e nulla aveva disposto in ordine all’attribuzione di una quota di trattamento di fine rapporto mentre dalla lettura dell’atto di appello risultava che la donna avesse impugnato sul punto la sentenza del Tribunale.

I Giudici Ermellini, tuttavia, con l’ordinanza n. 12056/2020 hanno ritenuto di respingere il ricorso in quanto infondato.

Occorre considerare – rilevano dal Palazzaccio –  che la ricorrente, non essendo titolare di assegno divorzile, non aveva diritto alla quota del TFR e pertanto la cassazione della sentenza della Corte di Appello, che pur aveva omesso di pronunciarsi sul motivo di appello, non avrebbe avuto alcuna utilità per la ricorrente che non avrebbe potuto comunque ricevere la quota del TFR dell’ex marito.

A tal riguardo la giurisprudenza di legittimità prevede che “alla luce dei principi di economia processuale e di ragionevole durata del processo come costituzionalizzato nell’art. 111 Cost., comma 2, nonché di una lettura costituzionalmente orientata dell’attuale art. 384 c.p.c. ispirata a tali principi, una volta verificata l’omessa pronuncia su un motivo di gravame, la Suprema Corte può omettere la cassazione con rinvio della sentenza impugnata e decidere la causa nel merito allorquando la questione di diritto posta con quel motivo risulti infondata, di modo che la statuizione da rendere viene a confermare il dispositivo della sentenza di appello (determinando l’inutilità di un ritorno della causa in fase di merito), sempre che si tratti di questione che non richiede ulteriori accertamenti di fatto”. Da li la conferma della pronuncia impugnata.

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