Ma per i familiari della vittima il fatto sussiste e una perizia confermerebbe il nesso causale la perforazione dell’intestino e il decesso

Tre medici di Avezzano sono stati assolti in Corte d’appello di Campobasso dall’accusa di omicidio colposo perché agirono senza colpa. I sanitari erano stati rinviati a giudizio in seguito al decesso di un paziente 71enne che nel 2009 era stato sottoposto a un intervento in colicistectomia con la tecnica della laparoscopia.

In seguito all’operazione l’uomo aveva accusato forti dolori all’addome ed era stato sottoposto ad altro intervento chirurgico per un’infezione che aveva interessato altri organi. Operazione vana in quanto due giorni dopo il paziente morì.

Secondo la tesi del pm l’infezione si era determinata a causa della perforazione dell’intestino avvenuta nella prima operazione per un errore imputabile ai chirurghi, per i quali erano stati chiesti tre anni di reclusione. I medici tuttavia erano stati assolti in primo grado perché secondo quanto emerso dalle consulenze tecniche agirono in modo professionale, senza fare errori.

La Corte d’Appello di Campobasso – dove si è svolto il procedimento in quanto una delle parti civili è giudice nel distretto della Corte d’Appello dell’Aquila – ha accolto le tesi difensive e ha confermato anche in secondo grado il proscioglimento dei tre medici.

Ma i familiari delle vittima di questo presunto caso di malasanità non ci stanno. “Non è assolutamente vero – affermano in una nota – che la Corte d’Appello di Campobasso abbia assolto i dottori L.S. e L.T. perché agirono in modo corretto e professionale, senza commettere errori. In riforma della sentenza di primo grado che li aveva assolti perché il fatto non sussiste, i medici sono stati assolti perché il fatto non costituisce reato e, tra l’altro, in base a norma che non esclude la colpa, ma ritiene non sufficientemente provata l’ipotesi accusatoria, ovvero la precedente formulazione per insufficienza di prove. Quindi il fatto sussiste, è stato commesso dai chirurghi, tanto che la anestesista G.M. è stata assolta con formula piena per non aver commesso il fatto, che qualcun altro ha commesso.

“Attendiamo il deposito delle motivazioni – continuano i parenti – ma sottolineiamo che in secondo grado è stata espletata una perizia che ha concluso per la responsabilità chiarissima del dottor L.S., con l’affermazione che la lesione provocata nell’addome del compianto E.S. è certamente imputabile a manovre chirurgiche e da tale lesione si è determinato lo stato infettivo dal quale è conseguita la morte, mentre lo stesso perito nella relazione e, poi, nell’esame davanti alla Corte abbia affermato come la lesione iatrogena intestinale rappresenti il primum movens del cascame di processi patologici (sepsi ed insufficienza). A fronte di tali emergenze istruttorie il procuratore generale ha concluso chiedendo due anni di reclusione per L.S. e L.T.”.

- Annuncio pubblicitario -

LASCIA UN COMMENTO O RACCONTACI LA TUA STORIA

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui