Accolto in Cassazione il ricorso di una donna, nuda proprietaria di un immobile, accusata di essere corresponsabile con la madre usufruttuaria della costruzione abusiva di un piano sopraelevato

Il proprietario del bene sul quale sono stati eseguiti i lavori non è responsabile del reato di costruzione abusiva – di cui al D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 44 (Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia), che ha sostituito della L. 28 febbraio 1985, n. 47, l’art. 20 – per la sola qualità rivestita, ma occorre quantomeno la sua piena consapevolezza dell’esecuzione delle opere da parte del coimputato, nonché il suo consenso, anche implicito o tacito, in relazione all’attività edilizia posta in essere.

Lo ha ribadito la Suprema Corte di Cassazione nella sentenza n. 15760/2020 pronunciandosi sul ricorso di una donna condannata in sede di merito a otto mesi e 15 giorni di reclusione, nonché al pagamento di una multa di 400 euro perché, nella qualità di nuda proprietaria, in concorso con la madre usufruttuaria e committente, aveva realizzato lavori di sopraelevazione, con edificazione di un secondo piano, dell’immobile, senza permesso a costruire, in zona sismica, senza la realizzazione di un progetto esecutivo redatto da tecnico abilitato e senza direzione di un tecnico abilitato.

Nel ricorrere per cassazione l’imputata chiedeva l’annullamento della pronuncia impugnata deducendo che la Corte d’appello avrebbe confermato la sua responsabilità penale sulla mera circostanza che ella era proprietaria e ciò in violazione di legge non potendo la responsabilità penale per il reato di costruzione abusiva essere fondata sul mero dato della proprietà del bene, non essendo configurabile in capo a costui l’obbligo giuridico di impedire l’evento.

A suo avviso, inoltre, la corte territoriale aveva omesso di considerare che l’imputata era nuda proprietaria, non titolare di alcun diritto di godimento, essendo l’usufrutto in capo alla madre, committente delle opere abusive, e dell’ulteriore circostanza che la medesima risiedeva in un altro Comune.

La Cassazione ha ritenuto di aderire alle argomentazioni  proposte accogliendo il ricorso in quanto fondato. Per i Giudici Ermellini, infatti, la motivazione del provvedimento impugnato era del tutto carente laddove non si confrontava con le deduzioni difensive circa il fatto che la ricorrente abitava in un luogo diverso, limitandosi alla affermazione che “certamente avrebbe potuto rendersi conto dei lavori in corso” posto che era solita raggiungere i suoi genitori in occasione delle festività principali, in un contesto fattuale nel quale la medesima, non committente delle opere e nudo proprietario non aveva alcun diritto di godimento del bene”.

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