La riflessione sul criterio statistico discende dalla lettura di una sentenza del Tribunale di Udine dove emerge una confusione tra il significato di causa ignota e causa incerta

In questa sentenza sembra che il giudice abbia utilizzato il criterio statistico per escludere il nesso di causalità tra un’inadempimento di un sanitario e il danno lamentato, dopo aver fatto proprio il giudizio del CTU, a motivo “dell’insussistenza di letteratura scientifica sulla patologia de qua”.

Perché si parla di criterio statistico e non di criterio della “possibilità scientifica”?

Perchè se non esiste letteratura a riguardo di uno specifico caso il ctu non valuta il criterio “fisiologico” (cioè proprio della fisiologia del corpo umano) per valutare una incidenza efficiente?

Il criterio statistico può così elidere un nesso di causa?

La causa ignota non è assimilabile a quella incerta altrimenti si annullerebbe il concetto di “causa in astratto adeguata a produrre un danno”. E neanche in italiano sono due concetti simili.

Si propone lo stralcio più importante di questa sentenza:

“…Ne consegue che puo ritenersi provato un ritardo di circa tredici ore per ricoverare il bambino presso l’Ospedale di Latisana, tenuto conto che i sintomi riferiti dalla madre del piccolo An. al medico erano di gravita tale da dover consigliare un immediato ricovero. Viceversa, deve ritenersi che non sussista ritardo con riferimento al lasso di tempo trascorso dal momento del ricovero presso l’Ospedale di XY fino all’ingresso presso Ospedale XX, pari a sette ore, tempo che i C.T.U. hanno ritenuto congruo.

Nella relazione peritale, infatti, e stata evidenziata la necessita per l’equipe di Latisana di effettuare un accurato esame obiettivo ed una diagnostica differenziale appropriata, conclusasi con la diagnosi di una sindrome di Gu.-Ba. o una mielite trasversa, patologie effettivamente ipotizzabili ad un primo approccio clinico, tenuto altresi conto che il minore aveva recentemente avuto una gastroenterite.

Pertanto, i tempi del trasferimento da XY a XX., considerata la normale pratica clinica ospedaliera, nonche la particolare complessita e rarita della patologia e la conseguente difficolta di valutare il quadro sintomatico del minore, devono ritenersi congrui, condividendo sul punto quanto espresso dai C.T.U.

Cio premesso, considerato il ritardo di tredici ore che puo riferirsi alla condotta colposa del dott. Pe., e necessario interrogarsi sull’efficacia causale di tale ritardo negli esiti della patologia riscontrata, e cioe se un intervento piu tempestivo avrebbe prodotto effetti diversi e piu favorevoli per il paziente.

La risposta a tale quesito e fornita dai C.T.U.: ‘nel caso in esame, una malformazione di quelle caratteristiche, anatomiche e fisiologiche, avrebbe comunque, indipendentemente dall’ipotetico ritardo di circa 13 ore, lasciato degli esiti sostanzialmente congruenti con quelli effettivamente verificatisi’, e ribadita anche nelle conclusioni: ‘la patologia in questione, per sua stessa natura, avrebbe avuto sostanzialmente la stessa evoluzione e i severi postumi oggi presenti, con ogni probabilità, sarebbero stati gli stessi’, con la conseguenza che ‘una diagnosi più tempestiva della patologia non avrebbe avuto possibilità di ridurre le conseguenze verificatesi o quindi non avrebbe garantito ad An. Fa. chances di un danno minore’.

Gli attori, sulla base delle osservazioni dei loro C.T.P., hanno rilevato l’apoditticità di tali conclusioni, eccependo la mancanza di motivazione.

Tuttavia, deve ritenersi che la conclusione alla quale i C.T.U. sono giunti sia stata motivata in maniera convincente in sede di risposta alle osservazioni dei consulenti di parte.

Le argomentazioni, necessariamente concise, sono legate proprio all’insussistenza di letteratura scientifica sulla patologia de qua, nonostante l’approfondita ricerca di cui i C.T.U. hanno dato atto, e rilevata la non appropriatezza dei casi citati dai C.T.P. per la loro diversità rispetto al caso di specie. L’estrema rarità della patologia, unitamente alla sua complessità e peculiarità, hanno determinato l’impossibilità per i consulenti di rilevare elementi a sostegno della tesi che un più precoce intervento chirurgico avrebbe determinato una prognosi migliore.

Pertanto, nonostante l’effettivo richiamo alla natura ischemica della patologia, i consulenti hanno precisato che il danno finale si e realizzato per meccanismi complessi e tra loro associati, di natura ischemica, compressiva e in conseguenza delle necessarie manipolazioni chirurgiche.

Ne consegue che non e possibile sostenere, con un grado sufficiente di probabilità secondo il criterio civilistico del ‘più probabile che non’, che – laddove l’intervento fosse stato più tempestivo – l’esito della patologia sarebbe stato più favorevole.

Tali conclusioni devono essere coordinate con i principi sopra richiamati in tema di onere della prova, di talchè – non essendo stato provato, nemmeno all’esito della c.t.u. svolta – il nesso eziologico tra il ritardo colposo del sanitario e il danno subito dall’attore, la domanda risarcitoria deve essere rigettata…

…Infatti, nel presente giudizio e emerso che l’inadempimento allegato dagli attori (il ritardo della struttura sanitaria e degli esercenti) non era nemmeno ‘in astratto eziologicamente atto a provocare il danno’, come invece richiesto dalla sentenza citata, pertanto nessun conseguente onere probatorio incombeva sui convenuti al fine di andare esenti da responsabilità. Segnatamente, sulla base di quanto rilevato dai C.T.U., la rarità della patologia e l’assoluta mancanza di documentazione scientifica al riguardo, non permettono di formulare un positivo giudizio di causalità nemmeno in astratto…”.

Queste ultime tre righe evidenziano il vulnus del ragionamento del giudice: questi afferma che mancando letteratura a riguardo della patologia non si possa ammettere neanche in astratto la causalità tra l’inadempimento dei sanitari e il danno lamentato.

Il concetto di “astratto” significa di “possibilità scientifica” e questa non si desume solo dalla letteratura scientifica come casistica specifica sul ritardo di intervento, ma dai processi fisiologici della patologia de qua. Se i consulenti non hanno espresso il parere sulla possibilità anche teorica (quindi della possibilità) che un ritardo di 13 ore possa peggiorare gli esiti permanenti, le conclusioni dei CCTTUU si possono definire apodittiche ed ecco perchè basarsi sul solo criterio statistico è un errore.

Dr. Carmelo Galipò

Pres. Accademia della Medicina legale

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