La neomamma morì per un arresto cardiaco durante un intervento resosi necessario per l’insorgere di una emorragia post partum

Morì nell’aprile del 2016 come conseguenza di una emorragia post partum. Una tragedia per la quale sono finiti a giudizio con l’accusa di omicidio colposo tre medici e un’ostetrica di un ospedale del cuneese. Nelle scorse ore, il Tribunale del capoluogo di provincia piemontese ha emesso la sentenza di primo grado. Condanna per i camici bianchi, assoluzione per la professionista sanitaria.
Secondo quanto ricostruito dalla direzione sanitaria e riportato dal quotidiano online targatocn, la mamma dopo aver dato alla luce una bambina avrebbe avuto un’inversione dell’utero con successiva emorragia. La donna, quindi, sarebbe stata trasferita in sala operatoria per l’asportazione dell’utero stesso, ma nel corso dell’intervento sarebbe andata in arresto cardiaco.

Diversa, invece, l’ipotesi del Pubblico ministero.

Secondo il magistrato la donna sarebbe deceduta come conseguenza di una condotta negligente, imperita e imprudente dei sanitari nella gestione di due criticità intervenute nella fase post parto.
In particolare la ginecologa avrebbe eseguito delle manovre “intensive e incongrue” che, secondo l’accusa, non andrebbero compiute se la placenta non si è completamente distaccata. Inoltre, dopo la diagnosi di inversione uterina, i medici sarebbero erroneamente intervenuti  con l’utilizzo del “pallone di Cook”, mentre la paziente era in emorragia. Avrebbero quindi perso tempo prezioso optando per l’isterectomia solo dopo un’ora e venti minuti, quando ormai era troppo tardi.
Secondo la difesa, invece, le manovre sarebbero state eseguite correttamente e non sarebbero state causa dell’inversione uterina, evento peraltro ‘rarissimo’. I medici, a detta dei legali, avrebbero invece agito secondo le linee guida. Il decesso, peraltro, potrebbe essere stato determinato dalla somministrazione di farmaci uterotonici adoperati per prevenire o trattare le emorragie post partum.
Si attendono ora le motivazioni delle sentenza. In base alla pronuncia i medici dovranno versare alla bambina e al marito della vittima, in solido con l’ospedale, rispettivamente la somma di 300 mila e 200 mila euro. A ciascuno dei genitori e al fratello, invece dovranno essere liquidatati rispettivamente 200 mila e 75 mila euro.
 
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