Laddove il datore di lavoro privato sia nelle condizioni di applicare il lavoro agile, e ne abbia dato prova, non può indurre il lavoratore al godimento forzato delle ferie non ancora maturate

Il diritto al cd. lavoro agile

Con ricorso al Tribunale di Grosseto un lavoratore, impiegato nel settore del commercio, lamentava che il datore di lavoro avesse illegittimamente rifiutato di adibirlo al cd. lavoro agile nonostante tutti i colleghi del suo reparto lo fossero già stati. Evidenziava che, nell’attuale periodo di crisi sanitaria connessa ai noti problemi della diffusione del Covid19, avrebbe avuto diritto ad essere preferito nell’assegnazione alla modalità di lavoro agile in ragione della previsione di cui all’art. 39, comma 2, D.L. 18/2020 in quanto portatore di patologia da cui era derivato il riconoscimento di un’invalidità civile con riduzione della sua capacità lavorativa. L’azienda invece si era limitata a prospettargli il ricorso alle ferie “anticipate”, da computarsi su un monte ferie non ancora maturato, in alternativa alla sospensione non retribuita fino alla cessazione della lamentata incompatibilità (e quindi, quantomeno fino alla data della prevista nuova visita medica).

Costituitasi in giudizio, la società datrice di lavoro, rilevava l’insussistenza del fumus boni iuris e dello stesso periculum in mora, quali requisiti necessari del ricorso cautelare in esame, invocandone quindi l’integrale rigetto.

Il dipendente svolgeva mansioni di carattere impiegatizio occupandosi della gestione del contenzioso, in particolare degli insoluti. Si trattava, quindi, di un’attività di backoffice o, in altri termini, di retro-sportello, cui è tipicamente estraneo il confronto diretto con il pubblico. Era inoltre, pacifico che lo stesso fosse soggetto affetto da una grave patologia polmonare che aveva determinato il riconoscimento di un’invalidità civile per la riduzione permanente della sua capacità lavorativa al 60% con riduzione anche della capacità di deambulazione.

È noto che a partire dal mese di febbraio di quest’anno sono stati emanati numerosi provvedimenti emergenziali allo scopo di contenere la diffusione del Covid-19.

In tale contesto, il ricorso al lavoro agile, disciplinato in via generale dalla legge 22 maggio 2017, n. 81, è stato considerato una priorità. Per ovvie ragioni, tale modalità lavorativa, non può, né poteva essere imposta in via generale ed indiscriminata; cionondimeno la stessa era stata reiteratamente e fortemente, raccomandata ed addirittura considerata modalità ordinaria di svolgimento della prestazione nella P.A.

Inoltre, ai sensi dell’art. 39, comma 2 D.L. “ai lavoratori del settore privato affetti da gravi e comprovate patologie con ridotta capacità lavorativa è riconosciuta la priorità nell’accoglimento delle istanze di svolgimento delle prestazioni lavorative in modalità agile ai sensi degli articoli da 18 a 23 della legge 22 maggio 2017, n. 81”.

Mentre il DPCM 10 aprile 2020 nel ribadire, alla lettera hh) dell’art. 1, la volontà di promuovere il lavoro agile “raccomanda in ogni caso ai datori di lavoro pubblici e privati di promuovere la fruizione dei periodi di congedo ordinario e di ferie, fermo restando quanto previsto dalla lettera precedente e dall’art. 2, comma 2”. Il che equivale a dire che, laddove il datore di lavoro privato sia nelle condizioni di applicare il lavoro agile, e (come nel caso in esame) ne abbia dato prova, il ricorso alle ferie non può essere indiscriminato, ingiustificato o penalizzante, soprattutto laddove vi siano titoli di priorità per ragioni di salute.

Peraltro, nel caso in esame, la società datrice di lavoro non assumeva l’impossibilità di ricorrere al lavoro agile e, del resto, come già ricordato, era incontestato che tutti i colleghi del ricorrente fossero stati già messi nelle condizioni di svolgere il loro lavoro impiegatizio presso il domicilio.

L’adito Tribunale di Grosseto ha pertanto ritenuto che l’azienda, senza uno sforzo apprezzabile, ben avrebbe potuto mettere il lavoratore invalido in condizioni di operare da remoto.

“La promozione del godimento delle ferie appare, del resto, una misura comunque subordinata – o quantomeno equiparata, non certo primaria – laddove vi sano le concrete possibilità di ricorrere al lavoro agile e il datore di lavoro privato vi abbia fatto ricorso.”

Non solo. Nel caso specifico il lavoratore, aderendo al precipuo invito del datore di lavoro in relazione al contingente periodo emergenziale, aveva usufruito delle ferie maturate, relative sia all’anno precedente che a quello in corso, laddove l’azienda lo aveva indotto a far ricorso anche a ferie non ancora maturate, a valere quindi sul monte futuro. “Il che, non solo non trova fondamento normativo alcuno, ma si profila, già in astratto, contrario al principio generale per cui le ferie (maturate) servono a compensare annualmente il lavoro svolto con periodi di riposo, consentendo al lavoratore il recupero delle energie psico-fisiche e la cura delle sue relazioni affettive e sociali, e pertanto maturano in proporzione alla durata della prestazione lavorativa. In quanto tale, il godimento delle ferie non può essere subordinato nella sua esistenza e ricorrenza annuale alle esigenze aziendali se non nei limiti di cui all’art. 2109, comma 2, c.c. e nel rispetto delle previsioni dei singoli contratti collettivi, avuto riguardo ai principi costituzionali affidati all’art. 36 della Costituzione”.

Per queste ragioni, il Tribunale del capoluogo toscano ha affermato che il rifiuto di ammettere il ricorrente al lavoro agile e la correlata prospettazione della necessaria scelta tra la sospensione non retribuita del rapporto e il godimento forzato di ferie non ancora maturate fossero illegittimi.

In quest’ottica, il giudice del lavoro ha anche confermato l’esistenza del cd. periculum in mora atteso che il ricorrente, non potendo rientrare fisicamente in azienda si sarebbe trovato di fronte alla scelta tra due distinte, ingiustificabili, rinunce: alla retribuzione o al godimento annualmente ripartito delle ferie come via via maturate in ragione del lavoro prestato. In entrambi i casi con sicura compromissione di diritti fondamentali ed intangibili del lavoratore.

Per tutte queste ragioni, il ricorso è stato accolto con conseguente condanna per la società datrice di lavoro di consentire, con effetto immediato, al ricorrente lo svolgimento delle mansioni contrattuali in modalità di lavoro agile; e fissando nella misura di 50 euro al giorno al somma di denaro dovuta dall’obbligato per ogni giorno di ritardo nell’esecuzione del provvedimento.

Avv. Sabrina Caporale

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