Accolto il ricorso di una donna accusata di omicidio colposo in seguito alla morte di un automobilista causata dall’impatto con un albero posto a meno di sei metri dal confine stradale
In tema di omicidio colposo, ove in un sinistro stradale si verifichi il decesso del conducente di un veicolo in conseguenza dell’impatto con un albero posto a meno di sei metri dal confine stradale, la responsabilità penale del proprietario è configurabile solo se tale albero è stato piantato dopo l’entrata in vigore degli artt. 16 cod. strada e 26 regolamento di esecuzione e di attuazione del cod. strada, in quanto il divieto previsto da tali norme non comporta l’obbligo di rimozione delle piante già esistenti a tale data nella fascia di rispetto.
Lo ha specificato la Cassazione con la sentenza n. 10850/2020 pronunciandosi sul ricorso di una donna ritenuta responsabile del reato di omicidio colposo e condannata al risarcimento dei danni in favore della parte civile nella misura del 25%,.
Secondo la ricostruzione operata dai giudici di merito, la vittima aveva trovato la morte a seguito della collisione dell’autovettura che egli conduceva – alla velocità di circa 70 km/h, lungo una strada provinciale- con un albero di alto fusto posto nella proprietà dell’imputata e collocato a 2,1 metri dal confine stradale.
Alla donna, in qualità di proprietario dell’albero e quindi quale titolare di posizione di garanzia, si rimproverava di non avere rimosso il predetto albero, essendo prescritto che gli alberi ad alto fusto siano a distanza non inferiore a sei metri dal confine della strada.
Nel rivolgersi alla Suprema Corte, la ricorrente deduceva il vizio della motivazione sia in relazione alla sua ritenuta posizione di garanzia, mentre questa sussisteva – a suo giudizio – unicamente in capo alla Provincia, sia in ordine alla inesigibilità del rispetto degli obblighi posti dall’art. 16 del Codice della strada, sia, infine, in merito alla effettiva rimproverabilità della propria condotta, poiché la sentenza impugnata non presentava un apparato argomentativo sufficiente a riformare la sentenza di assoluzione pronunciata in primo grado.
Per il primo profilo l’esponente assumeva che l’art. 16, lett. a) e b) Cod. str. pone in capo all’ente proprietario della strada l’obbligo di manutenzione, gestione e pulizia delle strade e di controllare l’efficienza delle strade e delle relative pertinenze; tra l’altro, provvedendo a segnalare agli organi di polizia le violazioni alle disposizioni di legge e alle prescrizioni contenute in autorizzazioni e concessioni.
L’ente Provincia era quindi tenuto – sottolineava – a garantire la sicurezza della strada e ad esercitare il controllo allo scopo di neutralizzare eventuali fonti di pericolo. Esso non aveva mai ordinato all’imputata di rimuovere eventuali ostacoli.
Da tale premessa l’esponente deduceva altresì l’inesigibilità dell’adempimento da parte dell’imputata dell’obbligo di garantire la sicurezza della strada.
L’esponente assumeva poi che l’imputata difettava delle specifiche conoscenze tecniche necessarie a prefigurarsi che l’albero in questione costituiva pericolo per gli utenti della strada; anche perché esso sorgeva a 46,60 metri dal centro della curva ed era posto sulla direttrice della tangente della curva.
I Giudici Ermellini hanno effettivamente ritenuto di aderire alle argomentazioni proposte. La Corte di Appello aveva ascritto all’imputata, proprietaria dell’albero contro il quale andò ad impattare l’autovettura condotta dalla vittima, di essere titolare di posizione di garanzia e di non avere rimosso il predetto albero, ritenendo che esistesse una prescrizione di legge in ragione della quale alla donna si imponeva di rimuovere l’albero perché di alto fusto e posto a distanza inferiore a sei metri dal confine della strada.
La corte distrettuale aveva tratto tale precetto dall’art. 16, co. 1 lett. c) Cod. str. che fa divieto ai proprietari o aventi diritto dei fondi confinanti con le proprietà stradali fuori dei centri abitati di impiantare alberi lateralmente alle strade, siepi vive o piantagioni ovvero recinzioni. Divieto meglio particolareggiato dall’art. 26 del regolamento di attuazione del Cod. str. che al comma 6 prevede che “la distanza dal confine stradale, fuori dai centri abitati, da rispettare per impiantare alberi lateralmente alla strada, non può essere inferiore alla massima altezza raggiungibile per ciascun tipo di essenza a completamento del ciclo vegetativo e comunque non inferiore a 6 m”.
La Cassazione ha tuttavia sottolineato come la prescrizione contenuta nell’art. 16, come d’altronde quella di cui al sesto comma dell’art. 26, non si indirizzi anche agli impianti già eseguiti, imponendo di intervenire sulla situazione esistente al tempo dell’entrata in vigore della norma. Da tali disposizione, dunque, non può ricavarsi un obbligo di rimozione degli alberi già in situ.
Nel caso di specie l’albero era stato certamente impiantato prima del 1992 perché si affermava nelle decisioni di merito che si trattava di albero secolare. La Corte di Appello aveva quindi erroneamente individuato in capo all’imputata l’obbligo di rimuovere l’albero in parola.
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