La Corte Costituzionale ribadisce che la tecnica delle vaccinazioni raccomandate esprime maggiore attenzione all’autodeterminazione individuale ed è indirizzata allo scopo di ottenere la migliore salvaguardia della salute come interesse collettivo

La Consulta (Sentenza n. 118/2020) si è pronunciata sui danni alla salute provocati dalle vaccinazioni e ha sancito che devono essere indennizzati anche i soggetti danneggiati da complicanze irreversibili riconducibili a vaccinazioni non obbligatorie, ma semplicemente raccomandate.

La vicenda analizzata dalla Corte Costituzionale proviene dalla Corte d’Appello di Lecce che condannava il Ministero della Salute a indennizzare una donna che sottopostasi alla vaccinazione contro l’epatite di tipo A contraeva il Lupus Eritematoso Sistemico.

Il Ministero ricorre in Cassazione ove viene sollevata la questione di illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma I, della Legge n. 210/1992 che così dispone: “Chiunque abbia riportato, a causa di vaccinazioni obbligatorie per legge o per ordinanza di una autorità sanitaria italiana, lesioni o infermità, dalle quali sia derivata una menomazione permanente della integrità psico-fisica, ha diritto ad un indennizzo da parte dello Stato, alle condizioni e nei modi stabiliti dalla presente legge”.

La Corte di Cassazione solleva la questione di legittimità argomentando che anche le vaccinazioni raccomandate sono utili alla collettività e devono essere ricomprese nell’alveo della Legge 210 ai fini dell’indennizzo.

Nell’Ordinanza di rimessione alla Consulta viene anche evidenziato che il nesso di causa tra vaccinazione dell’Epatite di tipo A e malattia poi contratta dalla donna è stato accertato e che, all’epoca dei fatti, la campagna per fare vaccinare la popolazione pugliese dall’Epatite A veniva fortemente raccomandata dalla stessa Regione Puglia.

Difatti nel 2003 la Giunta regionale della Regione Puglia insisteva nell’effettuazione delle vaccinazioni raccomandate, al pari di quelle obbligatorie e inseriva nei livelli essenziali di assistenza garantiti dal Servizio sanitario nazionale anche le vaccinazioni raccomandate, inviando ai cittadini formali convocazioni presso gli ambulatori delle Asl.

La Suprema Corte evidenzia anche che in casi analoghi la Consulta dichiarava costituzionalmente illegittima la non previsione dell’indennizzo in caso di danni derivanti da vaccinazioni non obbligatorie, proprio per la comune finalità delle stesse e perché il soggetto che si vaccina volontariamente adempie al dovere di solidarietà sancito dalla Costituzione.

La Corte Costituzionale condivide le ragioni di rimessione della Corte di Cassazione anche considerando che con diverse e successive delibere, il Consiglio della Regione Puglia e la Giunta, alla luce di alcuni studi condotti dall’Osservatorio epidemiologico, promuovevano programmi di vaccinazione contro l’Epatite A.

Il ricorso da parte della Regione Puglia alla tecnica della raccomandazione escluderebbe, specifica la Consulta, il diritto all’indennizzo, tuttavia “benché la tecnica della raccomandazione esprime maggiore attenzione all’autodeterminazione individuale essa è pur sempre indirizzata allo scopo di ottenere la migliore salvaguardia della salute come interesse collettivo”.

E’ fondata dunque la ragione che fonda il diritto all’indennizzo del singolo che non risiede solo nel trattamento vaccinale obbligatorio, bensì sull’adempimento che si impone alla collettività di un dovere di solidarietà.

La Corte Costituzionale dichiara pertanto la illegittimità costituzionale dell’art 1, comma 1 della legge n. 210/1992 laddove esclude le vaccinazioni raccomandate.

Avv. Emanuela Foligno

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