La Suprema Corte si pronuncia sulla funzione della CTU e sulla irrilevanza dello 0.5% di invalidità permanente
Lo 0,5% di invalidità permanente non è valutabile né con metodo tabellare né dal punto di vista medico legale. Lo afferma la Suprema Corte di Cassazione nell’ordinanza 13736\2020.
In tema di risarcimento del danno la funzione della CTU può essere “percipiente” ma a patto che essa riguardi “elementi già allegati dalla parte e che soltanto un tecnico sia in grado di accertare, per mezzo delle conoscenze e degli strumenti di cui dispone”. Ne deriva che le parti dovranno comunque dedurre i fatti e gli elementi di prova posti a fondamento dei diritti reclamati.
Nel caso di specie una donna rimasta vittima di un incidente stradale, che era stata investita da un’auto pirata mentre attraversava la strada, era stata successivamente risarcita dal Fondo di Garanzia per le Vittime della Strada.
In primo grado la CTU aveva quantificato nello 0.5% l’invalidità permanente procurata dal sinistro. Il giudice di prime cure aveva ritenuto che tale percentuale di invalidità oltre a non essere presente in tabella non avesse neppure rilevanza medico legale. Anche il tribunale del gravame riteneva che la danneggiata non avesse diritto ad essere risarcita per il danno biologico derivante dall’incidente occorsole.
La Suprema Corte ha precisato nell’ordinanza che il mancato esame della CTU si ha solo quando la sentenza impugnata non indichi le ragioni per le quali il giudice abbia ritenuto errati i rilievi del perito, ovvero manchino “gli elementi probatori, i criteri di valutazione e gli argomenti logico-giuridici utilizzati per addivenire alla decisione contrastante con essi”.
“In tema di risarcimento del danno è possibile assegnare alla consulenza tecnica d’ufficio e alle correlate indagini peritali funzione percipiente” ma a patto che essa “verta su elementi già allegati dalla parte, ma che soltanto un tecnico sia in grado di accertare, per mezzo delle conoscenze e degli strumenti di cui dispone”
La Suprema Corte pertanto ha dichiarato inammissibile il ricorso della donna, confermando il giudizio del giudice del gravame.
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