Respinto il ricorso del RSPP (Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione) di un’azienda condannato per l’infortunio occorso ad un dipendente

“In tema di infortuni sul lavoro, il responsabile del servizio di prevenzione e protezione, pur svolgendo all’interno della struttura aziendale un ruolo non gestionale ma di consulenza, ha l’obbligo giuridico di adempiere diligentemente l’incarico affidatogli e di collaborare con il datore di lavoro, individuando i rischi connessi all’attività lavorativa e fornendo le opportune indicazioni tecniche per risolverli, all’occorrenza disincentivando eventuali soluzioni economicamente più convenienti ma rischiose per la sicurezza dei lavoratori, con la conseguenza che, in relazione a tale suo compito, può essere chiamato a rispondere, quale garante, degli eventi che si verifichino per effetto della violazione dei suoi doveri”. Lo ha ribadito la Cassazione con la sentenza n. 11650/2021 pronunciandosi sul ricorso del Responsabile del servizio di prevenzione e protezione (RSPP) di una S.r.l contro la pronuncia con la quale era stato giudicato colpevole in sede di merito del reato di lesioni personali colpose commesse in danno di un dipendente che, nel procedere alla sostituzione di due cinghie rotte della macchina macina pneumatici, era rimasto incastrato con il mignolo della mano destra tra il rullo e la cinghia, riportando la sub-amputazione P3 del mignolo, dalla quale derivava una malattia guarita in un tempo superiore a quaranta giorni.

All’imputato, in particolare, veniva contestato di non aver rilevato il rischio connesso alle operazioni di manutenzione della macchina macina pneumatici, ed in specie all’operazione di sostituzione delle cinghie, pur essenziale per il funzionamento dello stabilimento. In tal modo egli era venuto meno ai suoi doveri di contribuzione tecnica alla valutazione del rischio e alla predisposizione di misure organizzative necessarie a fronteggiarlo.

Nel rivolgersi alla Suprema Corte, il ricorrente eccepiva, tra gli altri motivi, che la Corte di appello non aveva operato la doverosa distinzione tra le posizioni rispettive del datore di lavoro e del RSPP. In particolare, deduceva di essere stato accusato non di aver omesso di segnalare al datore di lavoro le situazioni di rischio ma la assenza nel DVR dell’indicazione di specifici rischi attinenti alla macchina macina pneumatici. Tuttavia, non era stato esaminato il datore di lavoro, sicché nessuna prova era stata acquisita in merito ai suggerimenti da lui forniti in osservanza dell’art. 33 d.lgs. 81/2008. Pertanto, si era fatta discendere in modo automatico la responsabilità del ricorrente, che rivestiva un ruolo di mero consulente del datore di lavoro, privo di poteri decisionali e quindi della titolarità di una posizione di garanzia. L’eventuale responsabilità del RSPP – a detta dell’imputato – sarebbe ipotizzabile solo ai sensi dell’art. 113 cod. pen., in associazione alla responsabilità del datore di lavoro, allorquando l’evento infausto derivi da suggerimenti errati o dalla mancata segnalazione di un rischio da parte del RSPP. Ma nel caso di specie la Corte di appello non aveva reso idonea motivazione in merito alla effettiva violazione dell’art. 33 operata dal ricorrente; non c’era prova che questi non avesse fornito i suggerimenti necessari. I Giudici Ermellini, tuttavia, hanno ritenuto manifestamente infondata l’affermazione secondo la quale gli sarebbe stata attribuito un dovere spettante unicamente al datore di lavoro.

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