L’omessa prescrizione di antibiotici da parte dei sanitari ha determinato l’insorgenza di processo osteomielitico per aver trattato, inizialmente in maniera superficiale, la ferita chirurgica nonostante presentasse palesi ed inconfondibili ritardi di guarigione, con presenza di arrossamento e secrezioni (Corte d’Appello di L’Aquila, Sentenza n. 1619/2021 del 28/10/2021-RG n. 1010/2018 Repert. n. 1620/2021 del 28/10/2021)

L’attrice deduce di avere subito danni non patrimoniali da lesione all’integrità psico-fisica a causa dell’imperizia e negligenza della A.S.L. n. 2 LANCIANO-VASTO-CHIETI allorquando i medici dello stesso Ente Ospedaliero, in presenza di ferita chirurgica con presenza di palesi ed inconfondibili ritardi di guarigione e di arrossamento, secrezioni e difficolta a deambulare del paziente, veniva trattata solo con medicazioni locali con omessa prescrizione di antibiotici, cosi da determinare l’insorgenza di processo osteomielitico, rilevato strumentalmente, con conseguente ricovero presso il reparto di malattie infettive e terapia antibiotica massiva protrattasi per mesi.

In primo grado l’attore esponeva che, a seguito di un infortunio sul lavoro con trauma da schiacciamento della caviglia destra, veniva sottoposto ad intervento chirurgico per artrodesi in data 22. 02.12 presso l’Ospedale di Lanciano; che nonostante la ferita chirurgica presentasse ritardi di guarigione, i sanitari si erano limitati a medicazioni locali, prescrivendo blanda terapia antibiotica solo nell’agosto del 2012; che, nel settembre del 2012, veniva posta sospetta diagnosi di osteomielite, confermata successivamente nell’ottobre del 2012; che solo in data 31.10.2012 egli veniva ricoverato e sottoposto a trattamento antibiotico e, successivamente dimesso, a terapia antibiotica massiva domiciliare per sei mesi; che l’imperizia dei sanitari curanti doveva ritenersi la causa dell’insorgenza del processo osteomielitico, risoltosi solo alla data del 13.05.2013.

Il Tribunale di Chieti, all’esito della esperita Ctu medico -legale, respinge la domanda, ritenendo non dedotto dall’attore alcun profilo di responsabilità per danni da infezione nosocomiale – benché di insorgenza ospedaliera secondo il Consulente -, ma solo la condotta omissiva riconducibile alla ritardata somministrazione di terapia antibiotica che avrebbe scongiurato l’insorgenza dell’osteomielite, sconfessata dalle risultanze, dacché infezione diagnosticabile solo dopo cinque mesi dall’intervento e, in ogni caso, adeguatamente trattata .

Il paziente impugna la decisione lamentando:

a) l’erronea e \o insufficiente motivazione nella parte in cui si è ritenuto non essere stato dedotto, con la domanda proposta, il profilo di responsabilità in ordine all’insorgenza del processo osteomielitico per l’inefficacia delle cure prestate dai sanitari; nella parte in cui non sono state considerate le conclusioni di cui alla CTU che pure ha addebitato ai sanitari la sottovalutazione ed il misconoscimento degli indicatori dell’infezione;

b) l’erronea ed omessa motivazione in ordine alla regolazione degli oneri processuali da porsi a carico della ASL, anche quanto alle spese di CTU, per non avere la convenuta partecipato al procedimento di mediazione e, sotto tale profilo, in via ulteriore per responsabilità aggravata ai sensi dell’art. 96, 3^ comma, c.p.c..

La Corte ritiene l’appello fondato quanto al primo motivo di censura.

L’appellante, in sostanza, contesta la ratio con cui il Giudice di primo grado ha respinto la domanda ritenendola fondata esclusivamente sul rilievo della ritardata somministrazione di antibiotici e non su specifica responsabilità dell’Azienda convenuta per i danni da infezione osteomielitica, quest’ultima ritenuta dal CTU di origine nosocomiale e riconducibile alla omessa adozione di misure precauzionali, e così reputando che detto specifico profilo di responsabilità fosse rimasto del tutto estraneo alle deduzioni dell’attore.

Tale assunto non viene condiviso dai Giudici d’appello, sia quanto all’interpretazione della domanda formulata dall’appellante nell’introdurre il giudizio, sia alla luce dei consolidati principi enucleati dalla costante giurisprudenza di legittimità, in tema di responsabilità medica.

Il paziente, nell’esporre – nell’atto introduttivo del giudizio – le circostanze caratterizzanti il personale caso clinico (l’infortunio sul lavoro, il conseguente ricovero, il successivo intervento chirurgico di artrodesi ed i ripetuti accessi per controlli e medicazioni), ha evidenziato e documentato quanto emerso con riferimento alle specifiche condizioni della ferita chirurgica (esito dell ‘intervento di artrodesi cui era stato sottoposto ), dapprima deiscente, e poi infiammata con tramite fistoloso, altresì rappresentando l’ iter sanitario in ordine alla diagnosi ed alle inizia li blande prescrizioni antibiotiche.

In particolare, ha dedotto che ” Tale omissione \imperizia gravemente colposa da parte dei medici del nosocomio ha determinato l’insorgenza di processo osteomielitico “, ritenendo la grave colpa medica dei sanitari per aver trattato, inizialmente in maniera superficiale, la ferita chirurgica ” nonostante presentasse palesi ed inconfondibili ritardi di guarigione, con presenza di arrossamento e secrezioni “.

Ebbene, la domanda del paziente è stata travisata, giacché l’appellante, nel dedurre omissione, imperizia e \o negligenza della ASL, ha sicuramente lamentato la contrazione della infezione osteomielitica, facendo riferimento alla obiettiva sottovalutazione della condizione della ferita chirurgica , cui ha riconnesso l’intempestività della diagnosi ed anche l’inidoneità delle iniziali prescrizioni mediche.

Ergo, nell’ambito della complessiva descrizione della vicenda, egli ha certamente indicato i fatti costituenti le ragioni della domanda, allegando la condotta ritenuta inadempiente della ASL, sotto il profilo omissivo e negligente, quanto alla valutazione, alla diagnosi ed al trattamento connessi alla ferita chirurgica ed alla manifestatasi infezione, rispetto alla quale le terapie apprestate, tempestive o meno, rappresentano solo una frazione della più complessa attività sanita ria che è lecito essere pretesa dal paziente.

La CTU ha riconosciuto che le lesioni lamentate dal paziente sono derivate da profili di negligenza da parte della struttura, ravvisabili nell’inosservanza di cautele e precauzioni standard finalizzate a scongiurare l’insorgere di infezioni e della complicanza costituita dall’osteomielite.

Ciò accertato, e dimostrato dunque il nesso causale, la contestazione operata dalla ASL di avere somministrato al paziente le più idonee terapie per debellare l’infezione non è sufficiente a ritenere integrata la prova liberatoria in ordine alla sussistenza di una causa imprevedibile ed inevitabile che ha impedito la corretta prestazione.

Pertanto, la sentenza impugnata viene riformata e la domanda proposta nei confronti della ASL viene accolta integralmente, in punto di responsabilità nei confronti della Struttura.

Per quanto riguarda la liquidazione del danno, il CTU ha ritenuto che il paziente abbia patito solo un periodo di inabilità temporanea, riconducibile alla malattia ascrivibile al processo osteomielitico, escludendo – tuttavia – postumi permanenti (anchilosi della caviglia) , posti in diverso rapporto di causalità con l’intervento e costituenti “esito atteso” dello stesso.

Detto periodo di inabilità è stato indicato in giorni 180, di cui giorni 120 per invalidità temporanea parziale al 50% e giorni 60 per invalidità temporanea parziale al 25%.

L’Azienda Sanitaria viene condannata a corrispondere all’appellante la somma di euro 7.425,00, oltre interessi legali dal 22.07.2012 al saldo effettivo; oltre al rimborso delle spese di lite di entrambi i gradi di giudizio e a quelle di CTU Medico-Legale.

Avv. Emanuela Foligno

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