Dirimente la circostanza che nel luglio 2010 il paziente si sottoponeva, presso la medesima Struttura, a ecocardiogramma color doppler, dal quale era emersa una patologia aortica, tanto che era previsto un secondo controllo in data 21 /12/2010 – appena 10 giorni dopo l’accesso al Pronto Soccorso (Tribunale di Pisa, Sentenza n. 1491/2021 del 15/11/2021-RG n. 1803/2014)

L’attrice cita a giudizio l’Azienda Ospedaliera onde ottenere il risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale da lei subito per la morte del padre, deceduto in data 13/12/2010 a causa di una patologia aortica (aneurisma dissecante dell’aorta ascendente), morte della quale l’attrice ritiene responsabile l’Azienda.

A sostegno della domanda deduce: che il padre ha avuto un malore , in data 11/12/2010 e si è recato al pronto soccorso ove è stato sottoposto ad accertamenti medici (emogas analisi, analisi del sangue, elettrocardiogramma e RX torace a letto) ; che il giorno 12/12/2010 è stato dimesso con la prescrizione di effettuare un elettrocardiogramma da sforzo in elezione; che l’uomo soffriva di cuore ed era già stato sottoposto a controlli presso la struttura, in particolare aveva da ultimo effettuato un ecocardiogramma color doppler in data 1/7/2010, dal quale era emerso che il diametro dell’aorta era dilatato, tanto che era previsto un secondo controllo in data 21 /12/2010; che in occasione del ricovero il personale sanitario ha omesso di espletare i doverosi accertamenti diagnostici (tac, risonanza magnetica), tenuto conto anche delle condizioni di salute del paziente e dell ‘esito degli esami recentemente effettuati .

Secondo l’attrice, alla luce del pregresso quadro clinico del defunto e della sintomatologia che lo stesso presentava al momento del ricovero, i medici avrebbero dovuto e potuto diagnosticare la patologia aortica ed operare in modo tempestivo per scongiurare l’evento morte.

Invece, in assenza degli accertamenti diagnostici necessari, la dissecazione dell ‘aorta ascendente non è stata diagnosticata, tanto che è stato indicato al paziente di sottoporsi a un esame per lui potenzialmente mortale, tenuto conto delle sue condizioni di salute.

La Struttura esclude che vi sia un nesso causale fra la condotta del personale sanitario e il decesso dell’uomo, argomentando anche sulle risultanze della relazione tecnica espletata nel giudizio penale, nell’ambito del quale è stato escluso che vi siano stati errori medici da parte del personale.

Dalle risultanze dell’istruttoria risulta provato i l nesso causale che lega la condotta dei sanitari alla morte del paziente.

La CTU, ha accertato che i sanitari hanno colpevolmente errato la diagnosi; infatti alla luce del quadro clinico del paziente (che già presentava una pregressa dilatazione aortica accertata proprio presso la Struttura) e della sintomatologia che questi accusava all’accesso al Pronto Soccorso, il personale medico avrebbe dovuto effettuare ulteriori esami, dopo l’esito negativo dei primi accertamenti espletati, che avevano dato esito negativo per la Sindrome Coronarica Acuta.

Nello specifico “avrebbe dovuto essere effettuata un’ecocardiografia transtoracica, ovvero una TAC . Questi accertamenti erano necessari per procedere a una diagnosi differenziale e individuare la possibile causa del dolore toracico riferito dal paziente. I sanitari effettuarono una corretta valutazione clinica e misero in atto quanto era necessario ad inquadrare il paziente, sotto il profilo della sindrome coronarica acuta, trascurando però, vista la negatività del sospetto clinico, di procedere alla diagnosi differenziale con le altre cause di dolore toracico, perlomeno con quelle che potevano mettere a rischio la vita della paziente come consigliato e previsto dai protocolli clinici validi al tempo dei fatti . L’effettuazione di indagini specifiche, in particolare ecocardiografia transtoracica eventualmente seguita da metodica transesofagea, avrebbe con criterio di elevata probabilità consentito la diagnosi di dissecazione aortica e permesso l’invio della paziente al trattamento cardiochirurgico. L’omissione ha cagionato un errore diagnostico e conseguentemente ha condizionato l’approccio terapeutico, che è stato causalmente determinante per l’ exitus morte.”

Il Tribunale condivide le risultanze peritali e dà atto che l ‘esito del procedimento penale non vincola il giudice civile e che l’accertamento della responsabilità nel procedimento penale segue un criterio causale diverso e rigoroso, mentre nell ‘ambito del giudizio civile il nesso causa – effetto si basa sul criterio del “più probabile che non “, per cui è sufficiente , ai fini della prova che un fatto ha cagionato un altro fatto, accertare che il primo sia la più probabile causa del secondo sulla base del giudizio controfattuale.

Dirimente la circostanza che nel luglio 2010 il paziente si sottoponeva, presso la medesima Struttura, a ecocardiogramma color doppler , dal quale era emerso che il diametro dell’aorta era dilatato, tanto che era previsto un secondo controllo in data 21 /12/2010 – appena 10 giorni dopo l ‘accesso al Pronto Soccorso.

L’esito di quell’esame, dal quale era emersa una problematica sull ‘aorta, che i sanitari avevano ritenuto di dovere monitorare, prescrivendo nuovo controllo a distanza di cinque mesi, avrebbe dovuto condurre i sanitari ad effettuare ulteriori accertamenti per la diagnosi differenziale della patologia aortica.

Ciò posto, viene accolta la domanda di risarcimento del danno iure proprio non patrimoniale, per la perdita del congiunto.

Il danno viene liquidato utilizzando le Tabelle del Tribunale di Roma, addivenendosi all’importo di euro 323.621,10, somma già rivalutata.

Respinta la domanda di ristoro del danno iure hereditatis , poiché la mancanza di profili di sofferenza, fisica e mentale, porta ad escludere che il defunto abbia maturato un danno biologico suscettibile di valutazione medico – legale, nemmeno sotto i profili del danno esistenziale e morale, né un danno tanatologico, mancando la prova che si sia reso conto dell ‘imminenza della morte .

Respinto, ulteriormente, il risarcimento del danno da perdita di chance di sopravvivenza, poiché risulta provata la sussistenza di un nesso causale pieno tra condotta colpevole e decesso del paziente e pertanto non trova applicazione l ‘istituto del danno da perdita di chance (il quale invece viene in rilievo ove vi siano fattori esterni che non consentono di affermare la sussistenza di un nesso causale pieno tra condotta colpevole e decesso della Paziente e pur tuttavia, possa sostenersi che il paziente abbia perso – in conseguenza della colpa sanitaria – delle chances, che statisticamente aveva, di sopravvivere nonostante la patologia di cui soffriva ).

Avv. Emanuela Foligno

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