Se il proprietario del veicolo fa guidare un terzo e rimane vittima di un incidente stradale la qualità di avente diritto al risarcimento prevale su quella di proprietario assicurato

La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 1269/2018, si è pronunciata sul ricorso presentato dai congiunti di due fratelli coinvolti in un incidente stradale. Uno dei due, il proprietario del veicolo, aveva autorizzato l’altro a guidare nonostante fosse in stato di ebbrezza e non avesse la patente di guida.

Quest’ultimo, nell’eseguire una manovra di sorpasso, aveva invaso la corsia i marcia opposta e si era scontrato con due veicoli che procedevano in senso contrario. In conseguenza dell’impatto il fratello passeggero aveva perso la vita.

I familiari avevano quindi agito in giudizio nei confronti del figlio conducente e della compagnia assicurativa per ottenere il risarcimento del danno subito.

In primo grado il Tribunale aveva dato loro ragione, ma in sede di appello la decisione era stata riformata.

La Corte territoriale, infatti, aveva riconosciuto un concorso di colpa della vittima nella misura del 70%,  con conseguente riduzione del risarcimento spettante ai parenti.

Questi avevano quindi deciso di impugnare la sentenza per cassazione.

I ricorrenti lamentavano la violazione di una serie di norme che, a loro avviso, escluderebbero la possibilità di negare il risarcimento alla persona trasportata su un veicolo, per il solo fatto di essere proprietaria del mezzo.  Ciò anche in caso di consapevolezza che colui  al quale era stata affidata la guida si trovasse in stato di ebbrezza e fosse privo di abilitazione.

La Suprema Corte ha effettivamente ritenuto di aderire alle argomentazioni proposte. Gli Ermellini si sono soffermati sulla circostanza che, in caso di sinistro stradale, vede concentrarsi nelle stessa persona  la qualità di vittima e di assicurato-responsabile. Al riguardo hanno chiarito che “la prima prevale sulla seconda e deve pertanto riconoscersi all’assicurato il diritto ad essere risarcito dalla compagnia assicurativa”; quest’ultimo va trattato come “qualsiasi altro passeggero vittima dell’incidente”. Ai fini della copertura assicurativa, infatti, “è irrilevante il fatto che la vittima si identifichi con il proprietario del veicolo”.

I Giudici del Palazzaccio, inoltre, hanno sottolineato che “il diritto alla copertura assicurativa dell’assicurato-proprietario del veicolo che abbia preso posto nel medesimo come passeggero, non può essere escluso in ragione della sua corresponsabilità nella causazione del danno”; tuttavia, occorre tenere conto di un eventuale suo concorrente comportamento colposo, ai sensi dell’art. 1227 c.c.

Nel caso esaminato, la Corte di Cassazione ha ritenuto che la Corte d’appello non avesse dato corretta applicazione a tali principi. Di qui l’accoglimento del ricorso, in quanto fondato, e il rinvio della causa alla Corte d’appello per il riesame della questione.

 

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