Psichiatra uccisa a coltellate, ex dirigente della struttura: ‘il centro andava chiuso’. Prosegue il processo per sei funzionari dell’Asl.

“Il centro di salute mentale in via Tenente Casale andava chiuso. Erano stati tagliati fondi e il personale ridimensionato. In un momento in cui però i bisogni delle persone crescevano, le risposte diminuivano e cresceva la rabbia. Molte volte abbiamo conosciuto la violenza in quella struttura”.
A parlare è Tina Abbondanza, psichiatra in pensione e alla guida, fino al 2011, del centro di salute mentale barese in cui il 4 settembre 2013 è stata uccisa a coltellate da un paziente la collega Paola Labriola.

Sei funzionari dell’Asl a processo per la psichiatra uccisa a coltellate

La dottoressa è stata sentita in tribunale come testimone nel processo in corso nei confronti di sei funzionari della Asl di Bari, ritenuti responsabili di non aver garantito la sicurezza nella struttura. Tra loro, l’ex direttore generale Domenico Colasanto,
Agli imputati il pm Baldo Pisani contesta i reati di morte come conseguenza di altro reato, omissione di atti d’ufficio e induzione indebita a dare o promettere utilità.
Per l’omicidio è già stato condannato in via definitiva il 40enne Vincenzo Poliseno. L’uomo quel giorno entrò nel centro armato di coltello e uccise la psichiatra con più di 70 colpi alla schiena.

Abbondanza ha ricordato le numerose segnalazioni e denunce fatte in quegli anni sulla inidoneità dei luoghi.

“Quella struttura era assolutamente inadeguata, non rispondeva ai requisiti che dovrebbe avere un centro di sanità mentale, in termini di ambiente accogliente e di sicurezza.
Mancavano uno spazio di incontro con i pazienti, non c’era nessuna possibilità di fuga, aveva stanze sigillate che però erano l’accesso diretto alla disperazione degli utenti.
Abbiamo tirato fuori le persone dai manicomi e non abbiamo mai avuto paura perché non eravamo soli, ma in quel centro tutti eravamo sufficientemente impauriti”.
“Avevamo chiesto di chiudere temporaneamente la sede perché c’erano troppe richieste a fronte di poche risorse. Ma ci fu risposto che la struttura era adeguata”, conclude Abbondanza.
Si tornerà in aula il 15 marzo 2018 con altre testimonianze di medici e infermieri che hanno lavorato con la vittima nel Csm in via Tenente Casale.
 
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