Il dosaggio dei biomarcatori consente di adattare la strategia terapeutica sulla base del rischio individuale di scompenso cardiaco di ogni singolo paziente

Lo scompenso cardiaco rappresenta la via finale comune di molte patologie cardiovascolari e una delle principali cause di ricovero e di decesso nel mondo occidentale. Il dosaggio ematico di tre biomarcatori è grado di fornire, quando impiegati insieme, un potente strumento di predizione del destino dei pazienti con scompenso. In tal modo è possibile valutare la probabilità di ospedalizzazione per scompenso, per morte cardiovascolare e per morte da tutte le cause.

E’ quanto emerge da uno studio dei ricercatori dell’Istituto di Scienze della Vita della Scuola Superiore Sant’Anna e della Fondazione Toscana Gabriele Monasterio di Pisa. Il lavoro, a cui hanno collaborato gli studiosi dei più importanti centri di ricerca europei e americani, è stato pubblicato sulla prestigiosa rivista statunitense Journal of the American College of Cardiology.

I biomarcatori in questioni sono il recettore solubile sST2, importante indicatore di attivazione delle vie che provocano attraverso la fibrosi del cuore il suo indebolimento, l’ormone cardiaco “NT-proBNP”, indice di scompenso emodinamico e la proteina cardiaca “troponina T” dosata con metodiche ad alta sensibilità, indice di morte cellulare.

Il lavoro ha coinvolto quattro studi europei e  americani e ha analizzato i dati di 4268 pazienti attraverso metodiche statistiche avanzate. Sono stati stabiliti, per la prima volta, i valori di soglia di rischio da utilizzare per orientare la decisione clinica (27 ng/ml, 1,360 ng/L, 18 ng/L).

Il dosaggio dei tre biomarcatori consente quindi di adattare la strategia terapeutica sulla base del rischio individuale di ogni singolo paziente. Consente, inoltre, di individuare gruppi a rischio elevato, intermedio, basso e di modulare di conseguenza la terapia connessa e la frequenza del follow-up.

Il dosaggio di sST2 è un nuovo strumento che si aggiunge all’ormone BNP/NT-proBNP e alla troponina. Questo dosaggio comunemente impiegato per la diagnosi di infarto miocardico acuto potrebbe pertanto essere utilmente impiegato anche nello scompenso cardiaco.

“Questa osservazione assolutamente originale ha avuto ampia risonanza nel mondo cardiologico internazionale”. Lo sottolineano Michele Emdin e Claudio Passino, docenti di cardiologia all’Istituto di Scienze della Vita della Scuola Superiore Sant’Anna. “I risultati pubblicati confermano il valore della combinazione fra i tre biomarcatori sST2 (indicatore di attivazione di vie profibrotiche), NT-proBNP (indicatore di scompenso emodinamico), troponina (indicatore di morte cellulare) per la valutazione integrata del paziente cardiopatico e la messa a punto di nuovi strumenti di diagnosi e cura di una delle patologie più frequenti e pericolose, con importanti ricadute cliniche”.

 

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