Sms continui alla ex moglie: può configurarsi il reato di molestie?

0

Una recente sentenza della Cassazione ha fatto il punto sul reato di molestie in caso di ripetuti invii di sms alla ex moglie da parte dell’ex consorte

Con la sentenza n. 17442/2018 la Corte di Cassazione si è espressa sull’atto di inviare sms continui alla propria ex moglie e sui rischi per l’ex consorte di una condanna per molestie.

Per i giudici, infatti, il contenuto e gli orari dei messaggi inviati sono più che sufficienti per configurare il reato di molestie a carico dell’ex marito.

Nel caso di specie, i giudici hanno confermato la condanna per molestie nei confronti di un uomo che non accettando la separazione, aveva ossessionato la ex consorte con sms continui, dal contenuto offensivo. Questi venivano inviati soprattutto nelle ore notturne.

Ebbene, per la prima sezione penale della Cassazione, il giudice di merito ha correttamente ritenuto integrata la penale responsabilità dell’uomo in ordine alla contravvenzione ex art. 660 c.p. Il soggetto è stato quindi condannato a 330 euro di ammenda oltre alle statuizioni civili.

Il giudizio è stato fondato sulla testimonianza della donna, vittima degli sms continui a contenuto offensivo.

Il tutto era stato poi confermato anche dalla documentazione acquisita. Essa riproduceva il contenuto degli sms e gli orari di invio.

Alla Cassazione è bastato questo per ritenere infondate le tesi dell’uomo. Il soggetto lamentava anche la mancata ammissione all’oblazione. E, oltre a ciò, l’insussistenza dell’elemento soggettivo del reato.

Quanto all’oblazione i giudici ricordano che l’istituto ex art. 162-bis c.p. richiede la sussistenza di alcuni requisiti di ammissibilità e la positiva valutazione, discrezionale, del giudice in ordine alla entità del fatto.

Nel caso in esame, dinanzi all’ordinanza di rigetto per gravità del fatto, l’imputato non ha proposto alcuna specifica motivazione.

L’uomo si è limitato “a proporre una propria, e alternativa, valutazione dell’entità del fatto, contestando non la motivazione del rigetto, bensì il contenuto stesso della decisione”.

Quanto all’erroneità nell’aver ritenuta la sussistenza del fatto, pur in assenza di pericolo per l’ordine pubblico, gli Ermellini hanno ricordato quanto segue.

“La fattispecie di cui all’art. 660 cod. pen. è reato cd. plurioffensivo, in quanto tutela la pubblica tranquillità dai negativi riflessi che possono derivare dalle offese alla quiete della singola persona”.

In particolare, la sentenza impugnata ha dato atto del turbamento patito dalla persona offesa per il carattere ambiguo delle comunicazioni dell’imputato.

Essa ha evidenziato che le comunicazioni avevano interferito “sgradevolmente nella sfera privata della persona offesa”. La vittima era stata “comprensibilmente privata della possibilità di vivere una quotidianità serena, attesa l’invadenza e l’intromissione continua da parte dell’ex coniuge”.

Inoltre, è emersa “coerenza piena tra il contenuto dei messaggi, gravemente offensivi, e la reazione di turbamento provata dalla persona offesa”.

Alla luce di quanto rilevato, è dimostrata la consapevolezza dell’imputato di recare disturbo.

Provata, peraltro, “dalla condotta stessa posta in essere, dalle caratteristiche che chiaramente rivelano una volontà finalizzata a creare disturbo al destinatario dei messaggi”.

Pertanto, il ricorso è stato respinto e l’uomo condannato al pagamento delle spese processuali.

 

 

Hai avuto un problema simile? Scrivi per una consulenza gratuita a redazione@responsabilecivile.it o scrivi un sms, anche vocale, al numero WhatsApp 3927945623

 

 

Leggi anche:

WHATSAPP E SMS: È POSSIBILE ACQUISIRLI E UTILIZZARLI COME PROVA?

- Annuncio pubblicitario -

LASCIA UN COMMENTO O RACCONTACI LA TUA STORIA

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui