La formula Gabrielli deve essere estesa ed applicata anche nei casi in cui la preesistente malattia non abbia una eziologia lavorativa

Secondo la prevalente interpretazione giurisprudenziale in tema di tecnopatie concorrenti, l’assicurato, il quale ha già avuto dall’INAIL un indennizzo per la prima patologia, ottiene di più, nella stima degli effetti pregiudizievoli derivanti dalla seconda malattia, del lavoratore che – in base al T.U. infortuni – non avesse ricevuto alcun precedente indennizzo: tale disparità di trattamento è del tutto priva di giustificazione.

Così ha statuito la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 63/21, depositata il 13 aprile 2021.

L’intervento del Supremo Organo scaturisce dalla questione di legittimità costituzionale del secondo e terzo periodo del sesto comma dell’art. 13, d.lgs. n. 38/2000 (recante ‘Disposizioni in materia di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali’) nella parte in cui portano ad una duplicazione totale o parziale dell’indennizzo, a differenza delle fattispecie disciplinate dal primo periodo dello stesso comma.

La disposizione censurata, composta da tre periodi, stabilisce: «il grado di menomazione dell’integrità psicofisica causato da infortunio sul lavoro o malattia professionale, quando risulti aggravato da menomazioni preesistenti concorrenti derivanti da fatti estranei al lavoro o da infortuni o malattie professionali verificatisi o denunciate prima della data di entrata in vigore del decreto ministeriale di cui al comma 3 e non indennizzati in rendita, deve essere rapportato non all’integrità psicofisica completa, ma a quella ridotta per effetto delle preesistenti menomazioni (…)» (primo periodo).

«Quando per le conseguenze degli infortuni o delle malattie professionali verificatisi o denunciate prima della data di entrata in vigore del decreto ministeriale di cui al comma 3 l’assicurato percepisca una rendita o sia stato liquidato in capitale ai sensi del testo unico, il grado di menomazione conseguente al nuovo infortunio o alla nuova malattia professionale viene valutato senza tenere conto delle preesistenze. In tale caso, l’assicurato continuerà a percepire l’eventuale rendita corrisposta in conseguenza di infortuni o malattie professionali verificatisi o denunciate prima della data sopra indicata» (secondo e terzo periodo).

Secondo il Tribunale rimettente, tale disciplina determinerebbe un’ingiustificata disparità di trattamento rispetto ai lavoratori ai quali non sia stata riconosciuta alcuna rendita per la prima tecnopatia: questi ultimi assicurati – la cui situazione è regolata dal primo periodo del citato comma 6 – non godono del beneficio della stima congiunta degli effetti pregiudizievoli delle due patologie aventi causa lavorativa, mentre tale privilegio, secondo l’interpretazione proposta dalla Cassazione (Cass. n. 6774/2018 e 6048/2018), verrebbe concesso proprio a chi, per la prima tecnopatia, già riceveva e continua a mantenere una rendita.

Inoltre, “il cumulo tra le prestazioni derivanti dallo stesso fatto lesivo spezzerebbe il collegamento con i presupposti dell’art. 38 Cost., inficiando la ragionevolezza e l’adeguatezza del rimedio predisposto dal legislatore, in violazione – anche sotto questo profilo – dell’art. 3 Cost..”

Il d.lgs. n. 38/2000 ha sancito il passaggio da un regime assicurativo incentrato sulla capacità lavorativa generica, in base al d.P.R. n. 1124/1965, ad un sistema che ha accolto il nuovo paradigma del danno biologico, in funzione di una piena tutela della salute del lavoratore. L’infortunio sul lavoro o la malattia professionale colpiscono, infatti, il lavoratore nel suo bene più prezioso, la salute, e questo impone una tutela che affonda le proprie radici nell’art. 38 Cost..

Proprio per regolamentare la transizione dal precedente assetto normativo al nuovo, il legislatore ha deciso, con il citato art. 13, comma 6, di tracciare una demarcazione fra le patologie verificatesi o denunciate prima della data di entrata in vigore delle tabelle per la stima del danno biologico (soggette alla vecchia disciplina), e le tecnopatie verificatesi o denunciate successivamente (valutate con il nuovo paradigma).

Il primo periodo della disposizione richiamata permette di tenere in considerazione, nella stima del danno biologico provocato da una tecnopatia, l’eventuale aggravamento derivante da una malattia concorrente, pur se questa non ha una causa lavorativa. La tecnica adottata, denominata ‘formula Gabrielli’, fa ricorso alla stima degli effetti della preesistente patologia concorrente solo per abbattere il valore che rispecchia lo stato di salute su cui incide la successiva tecnopatia, sicché i postumi di quest’ultima potranno essere autonomamente apprezzati nella loro maggiore entità.

Tale tecnica è stata adottata dal legislatore anche come norma di diritto transitorio per le fattispecie in cui sussisteva la causa lavorativa per una patologia concorrente, verificatasi o denunciata prima che entrasse in vigore il decreto ministeriale per la stima del danno biologico e per la quale non era stato erogato alcun indennizzo dall’INAIL (primo periodo). In questo modo, il legislatore, nel regime transitorio, ha valorizzato il maggior peso della patologia concorrente, evitando, da un lato, di creare commistioni fra diversi sistemi valutativi e, dall’altro, di applicare retroattivamente la nuova disciplina.

Tuttavia, nel secondo periodo la formula Gabrielli non è stata adottata per le patologie concorrenti per le quali, in base al TU infortuni, fosse stato erogato un indennizzo: secondo il giudice delle leggi, tale pregiudizio per l’assicurato è del tutto privo di giustificazione.

Ergo, il confronto tra la disciplina del primo e quella del secondo e terzo periodo dell’art. 13, comma 6, evidenzia un vulnus ai danni dell’assicurato, che irragionevolmente si vede privato – nel secondo periodo della norma – di una piena stima del danno biologico, in caso di tecnopatia i cui effetti pregiudizievoli siano aggravati da quelli di una pregressa patologia concorrente (e non già meramente coesistente).

Infatti, quando l’INAIL abbia già corrisposto un indennizzo per gli effetti cagionati alla capacità lavorativa generica dalla prima patologia con eziologia professionale, le conseguenze pregiudizievoli di quest’ultima devono di nuovo essere stimate in danno biologico, in quanto concorrono con la seconda tecnopatia; viceversa, allorché l’INAIL non abbia corrisposto alcun indennizzo in base al TU infortuni, la previsione del primo periodo del comma 6, in pieno ossequio al principio di separazione fra i due regimi normativi che si succedono nel tempo, non consente la stima unificata degli effetti delle patologie concorrenti.

Così interpretando, si arriva a ritenere che l’assicurato, il quale ha già avuto dall’INAIL un indennizzo per la prima tecnopatia, otterrebbe di più, nella stima degli effetti pregiudizievoli derivanti dalla seconda tecnopatia concorrente, del lavoratore che – in base al TU infortuni – non avesse ricevuto alcun precedente indennizzo.

Per tali ragioni la Corte Costituzionale estende la ‘formula Gabrielli’.

Il primo periodo del comma 6 permette, infatti, una piena stima del danno biologico anche nei casi in cui la preesistente malattia non abbia una eziologia lavorativa, sicché, onde evitare la denunciata irragionevole disparità di trattamento, la sua disciplina deve essere estesa ai casi in cui la preesistente patologia concorrente abbia origine lavorativa, garantendo così in tutte le fattispecie di tecnopatie i cui effetti risultino aggravati dalla patologia concorrente la piena stima del danno biologico.

Avv. Emanuela Foligno

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