L’uso del bene comune in modo più intenso non può alterare il rapporto di equilibrio tra i partecipanti valutato in relazione all’uso potenziale spettante agli altri comproprietari (Corte di Cassazione, II civile, ordinanza 25 febbraio 2025, n. 4879).
La vicenda processuale
La Corte di Appello di Milano (sentenza n.1081 del 2022) ha ribaltato la decisione di primo grado che aveva accolto le domande originarie proposte dai C. e dalla G. ai sensi dell’art. 1102 c.c., per ottenere la condanna dei S. “a rilasciare ai comproprietari la superficie di terreno della larghezza di 2,50 metri compresa tra la proprietà di C. e l’immobile S. di proprietà comune, libero da cose, ordinando ai convenuti (S.) la rimozione di tutto e per sentire “dichiarare il diritto degli attori a riaprire l’accesso alla Via dal cortile, con condanna dei convenuti alla rimozione di quanto impedisce il passaggio e l’accesso al confine tra la proprietà e la via pubblica”.
La Corte milanese è giunta a tale conclusione avendo accertato che i S. avevano apposto un “cancelletto” sullo spazio comune, di m.2, 50, compreso tra la loro proprietà esclusiva e la proprietà C., impedendo – di fatto – a questi ultimi di accedere a tale spazio. Oltre a questo sempre gli S. avevano apposto un altro cancello, con la conseguenza che ai C. era impedito di accedere dalla via pubblica al cortile comune.
I beni in comproprietà
Il mappale su cui risultano trascritti tali beni in comproprietà ha una forma a “elle” e ricomprende anche la porzione di terreno indicata negli atti delle parti “come spazio comune di m.2, 50 di proprietà C. e quello di proprietà S.
La Corte di Appello ha, altresì, precisato che uno dei cancelli insiste per una porzione su altro mappale in quanto posizionato anche oltre il sedime del mappale, essendo ricadente per più della metà della sua lunghezza su area di altra proprietà privata” dei S.
La collocazione di tale cancello, su una porzione di proprietà comune e la sua chiusura con lucchetto le cui chiavi non sono in possesso di tutti i comproprietari, impedisce il pari uso della cosa comune, dal momento che non consente l’accesso dal cortile comune alla strada anche ai C.
Il giudizio di rigetto della Cassazione
In primis, viene lamentata la violazione dell’art.1102 c.c. “in relazione al capo di condanna a rimuovere il cancelletto posto nella striscia di terreno di 2,5, metri compresa tra il mappale e l’immobile di proprietà S. Inoltre, la “striscia” in questione, viene dedotto, sarebbe utile solo per l’accesso all’immobile di proprietà del ricorrente cosicché i Giudici di appello avrebbero errato nel ritenere applicabile l’art.1102 c.c. e nel riconoscere in favore degli attuali controricorrenti “un diritto di uso identico e contemporaneo [a quello spettante al ricorrente] dell’area che non ha ragion d’essere”.
Ebbene, prendendo l’incipit dalla norma applicabile (art. 1102 c.c.), “ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. A tal fine, può apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il miglior godimento della cosa. Il partecipante non può estendere il suo diritto sulla cosa comune in danno degli altri partecipanti se non compie atti idonei a mutare il titolo del suo possesso”, la Corte di Milano ha correttamente applicato la suddetta norma avendo accertato in fatto che il ricorrente e S.A. e S.B., mediante l’apposizione del cancello sull’area comune anche ai C. e alla G. hanno privato questi ultimi della possibilità di godere dell’area medesima.
L’uso del bene comune
Se, da un lato, l’uso più intenso, o anche esclusivo, della cosa comune da parte di un comunista non è di per sé necessariamente illegittimo, ex art. 1102 c, tale uso non può però alterare il rapporto di equilibrio tra i partecipanti valutato in relazione all’uso potenziale spettante agli altri comunisti.
Con la decisione n.9278 del 16/04/2018, richiamata, è stato affermato che in tema di comunione, ciascun comproprietario ha diritto di trarre dal bene comune una utilità maggiore e più intensa di quella degli altri comproprietari, purché non venga alterata la destinazione del bene, o compromesso il diritto al pari uso da parte di questi ultimi.
Per stabilire se l’utilizzo più intenso del singolo sia lecito ai sensi dell’art. 1102 c.c., deve essere considerato non l’uso concreto fatto dagli altri comproprietari in un determinato momento, ma a quello potenziale in relazione ai diritti di ciascuno.
L’uso del bene comune in modo più intenso non è di per sé illegittimo
Da non dimenticarsi, in ogni caso, che l’uso del bene comune in modo più intenso è da ritenersi permesso se l’utilità aggiuntiva ricavata dal singolo comproprietario non sia diversa da quella derivante dalla destinazione originaria del bene, sempre che tale uso non dia luogo ad una servitù a carico del suddetto bene comune.
Il contenuto della domanda degli attori è riportato nella sentenza idi secondo grado: “dichiarare il diritto degli attori a riaprire l’accesso alla Via dal cortile, con condanna dei convenuti alla rimozione di quanto impedisce il passaggio e l’accesso al confine tra la proprietà e la via pubblica“. Ebbene, è pacifico che il cancello in questione si trova al confine tra la proprietà comune e la via pubblica e che impedisce il passaggio agli altri comproprietari: per questa ragione la Corte di Appello non ha violato l’art. 112 c.p.c., avendo avuto riguardo a quanto l’attuale parte controricorrente aveva domandato, ossia all’utilità concreta che essa aveva inteso conseguire;
Poi, sempre i ricorrenti sostengono che la Corte avrebbe male applicato l’art. 1102 c.c. “dal momento che la comproprietà del mappale non consente ex se l’attribuzione ai comunisti del diritto di oltrepassare il cancello in quanto ciò implicherebbe l’asservimento della proprietà altrui, ossia quella indicata in altro mappale di proprietà esclusiva di S., ad un diritto di passo non essendo possibile fruire del cancello in altro modo e quindi “invadere” altro mappale.
Tutto ciò detto, la sentenza di secondo grado è motivata in modo chiaro e lineare: la Corte ha dato conto del fatto che il cancello di cui trattasi insiste anche su altro mappale, di proprietà comune, che il cancello è chiuso a chiave ed impedisce ai C. l’accesso al suddetto mappale dalla Via comunale.
Conclusivamente, il ricorso viene rigettato.
Avv. Emanuela Foligno