L’addebito delle spese processuali non si fraziona secondo l’esito delle varie fasi del giudizio, ma va riferito unitariamente all’esito finale della lite, senza che rilevi che in qualche grado o fase del giudizio la parte poi soccombente abbia conseguito un esito a sé favorevole

La vicenda

La vicenda trae origine da una pronuncia di omologazione del concordato preventivo, emessa dal Tribunale di Velletri, in primo grado e confermata in appello.
Con ricorso per Cassazione la parte ricorrente denunciava la sentenza del giudice del rinvio, per aver tra gli altri motivi, posto a suo carico le spese del giudizio di legittimità, sebbene la Corte di Cassazione avesse accolto il ricorso da lui proposto.

La materia del contendere

Si discute in materia di spese processuali e dei criteri di addebito delle stesse.
Il caso è quello di un processo giunto in Cassazione e poi riassunto dinanzi alla Corte di merito, a seguito di rinvio operato dai giudici di legittimità.
Ci si domanda in altre parole, se il giudice del rinvio debba attenersi al principio della soccombenza applicato all’esito del giudizio definitivo o ai singoli gradi di giudizio?
Già in passato, la Corte di Cassazione si era pronunciata al riguardo, affermando che «Il principio della soccombenza non può essere derogato nel caso in cui la parte risulti parzialmente vittoriosa e il giudice, non avvalendosi del potere discrezionale di compensazione delle spese, la condanni alle spese di lite sopportate dall’altra parte che, invece, è risultata parzialmente soccombente. Ed invero, è ricorrente, in giurisprudenza, l’affermazione secondo cui il principio della soccombenza è violato solo se il giudice pone le spese a carico della parte interamente vittoriosa, potendo ogni altra statuizione trovare sostegno a seconda dei casi, nel combinato disposto degli articoli 91 e 92 cod.proc.civ». 
Si è anche detto che «Il principio della soccombenza riceve un’apparente diversa applicazione, solo con riguardo al giudizio di impugnazione, da intendersi come una fase di un giudizio il cui esito è da valutare in sede finale e globale. In quest’ultimo caso, infatti, il criterio della soccombenza, al fine di attribuire l’onere delle spese processuali non si fraziona secondo l’esito delle varie fasi del giudizio, ma va riferito unitariamente all’esito finale della lite, senza che rilevi che in qualche grado o fase del giudizio la parte poi soccombente abbia conseguito un esito a sé favorevole».

Il principio di diritto

Ebbene, con la sentenza in commento, i giudici della Suprema Corte hanno inteso proprio dar seguito a quest’ultimo orientamento; e così hanno ribadito il seguente principio di diritto: “in tema di spese processuali, il giudice del rinvio, cui la causa sia stata rimessa anche per provvedere sulle spese del giudizio di legittimità, si deve attenere al principio della soccombenza applicato all’esito globale del processo, piuttosto che ai diversi gradi del giudizio ed al loro risultato, sicché non deve liquidare le spese con riferimento a ciascuna fase processuale; ma, in relazione all’esito finale della lite, può legittimamente pervenire ad un provvedimento di compensazione delle spese, totale o parziale, ovvero, addirittura, condannare la parte vittoriosa nel giudizio di cassazione, e, tuttavia, complessivamente soccombente, al rimborso delle stesse in favore della controparte (Cass. 9 ottobre 2015, n. 20289)”.

Dott.ssa Sabrina Caporale

 
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