Il nostro ordinamento riconosce alle vittime di stalking diverse forme di tutela sia in materia penale che civile. Tra queste vi rientrano alcuni strumenti di prevenzione, quali l’ammonimento del Questore

Esso è finalizzato a dissuadere il presunto autore di atti persecutori dal compiere ulteriori azioni delittuose nei confronti della vittima e, in tempi più veloci rispetto al procedimento penale ai sensi dell’art. 612 bis c.p.
Ci si chiede tuttavia, se per tale provvedimento discrezionale sia previsto l’obbligo di motivazione anche qualora l’autorità amministrativa intenda negare la misura preventiva per insussistenza dei presupposti.

L’ammonimento del questore per i reati di stalking

L’ammonimento della Questura per il reato di stalking è un provvedimento discrezionale, ove il questore è chiamato ad effettuare una delicata valutazione delle condotte poste in essere dallo stalker in funzione preventiva e dissuasiva, e deve essere adeguatamente motivato ai sensi dell’art. 3 della l. n. 241 del 1990.
Mai come per i provvedimenti aventi natura preventiva e anticipatoria l’obbligo di motivazione è essenziale nel nostro ordinamento ad evitare che tali provvedimenti, fondati su fattispecie di pericolo, sanzionino in realtà, arbitrariamente, una colpa d’autore e integrino, così, altrettante “pene del sospetto”.
Correlativamente, però, l’obbligo di adeguata motivazione sussiste anche qualora l’autorità amministrativa, discrezionalmente, ritenga insussistenti i presupposti per l’emissione delle misure preventive, affinché non siano immotivatamente frustrate le esigenze di tutela della collettività e, nel caso delle misure di cui all’art. 8 del d.l. n. 11 del 2009, dei singoli.
La motivazione del provvedimento amministrativo, costituisce il presupposto, il fondamento, il baricentro e l’essenza stessa del legittimo esercizio del potere amministrativo (art. 3 della legge n. 241 del 1990) e, per questo, un presidio di legalità sostanziale insostituibile.

La vicenda

Nel caso in esame, la Questura di Ferrara si era limitata, in modo apodittico, ad affermare che le condotte lamentate dai ricorrenti non integravano il delitto di stalking di cui all’art. 612-bis, facendo mancare a detto provvedimento del suo contenuto essenziale (la motivazione), quale presidio di legalità sostanziale insostituibile.
A questo totale difetto di motivazione aveva inteso sostituire il proprio apprezzamento, con argomenti che però, a detta del Consiglio di Stato non potevano neppure dirsi convincenti sul piano giuridico in quanto: anche un mera modificazione delle abitudini di vita, può integrare le condotte tipizzate dall’art. 612-bisc.p., estrinsecandosi tale fattispecie delittuosa, sul piano materiale, nella “reiterazione di condotte, costituenti minaccia o molestie, etiologicamente connesse alla determinazione, nel soggetto passivo del reato, di un perdurante e grave stato d’ansia o di paura ovvero di un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona legata affettivamente ovvero di una costrizione a modificare le proprie abitudini di vita”.
La sentenza impugnata, dunque, non solo aveva errato nel sostituire le proprie motivazioni a quelle inespresse dall’autorità amministrativa, venuta meno al proprio obbligo di motivazione, ma aveva altresì, addotto delle ragioni non condivisibili sul piano giuridico

Per tali motivi il Consiglio di Stato ha disposto l’integrale riforma della decisione impugnata.

La redazione giuridica

 
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