La Corte di Cassazione si è espressa in tema di risarcimento dei danni nel caso in cui l’automobile vada a fuoco a causa di un cortocircuito.

Come ottenere un risarcimento dei danni subiti se la nostra auto va a fuoco dopo un cortocircuito? A questa domanda ha risposto la Corte di Cassazione con la sentenza n. 16655 del 6 luglio 2017, fornendo alcune importanti precisazioni sul punto.

Nel caso di specie esaminato dalla Cassazione, due coniugi avevano agito in giudizio contro la Fiat Auto S.p.a.. La coppia aveva chiesto il risarcimento dei danni subiti a seguito della distruzione della loro automobile, acquistata da pochi giorni. Questo era avvenuta a causa di un incendio che si era sviluppato all’interno dell’auto stessa, per un cortocircuito.

Nello specifico, l’incendio si era verificato mentre la vettura si trovava, a motore spento, all’interno del garage di proprietà dei coniugi attori.

Ebbene, il Tribunale, pronunciatosi in primo grado, aveva accolto la domanda risarcitoria.

Tuttavia, la sentenza era stata ribaltata in secondo grado. La Corte d’appello aveva infatti ritenuto che, dalla descrizione dei fatti di causa, era emerso che l’origine dell’incendio era da ricondursi o a un corto circuito dell’impianto elettrico posteriore o nell’errata installazione dei cavi dell’impianto di antifurto da parte della concessionaria che aveva venduto l’auto in questione.

La Corte d’appello, pertanto, ha ritenuto che la coppia non avesse provato in modo adeguato quanto avvenuto. Pertanto non vi era certezza circa la causa che aveva causato l’incendio.

Così, la domanda risarcitoria è stata rigettata.

Ritenendo la decisione ingiusta, i coniugi si sono rivolti in Corte di Cassazione, nella speranza di ottenere l’annullamento della sentenza sfavorevole.

Secondo i ricorrenti, in particolare, la Corte d’appello non aveva dato corretta applicazione ai principi civilistici in materia di ripartizione dell’onere della prova (art. 2697 c.c.).

Essi avevano fornito “prova certa ed indiscutibile che la causa dell’incendio era da ricondurre ad un vizio o difetto dell’impianto elettrico”, con la conseguenza che doveva essere la Fiat Auto a provare che, al contrario, l’incendio era da ricondurre alla “scorretta installazione dell’antifurto da parte della concessionaria”.

Non solo. La coppia obiettava che la Fiat avrebbe dovuto ritenersi responsabile anche dell’impianto di antifurto. Ciò in quanto il concessionario era obbligato ad installare impianti originali.

La Corte di Cassazione, tuttavia, ha ritenuto infondato il ricorso.

Nel caso di specie, la Corte d’appello aveva spiegato che le possibili cause dell’incendio “erano due, costituite l’una dal difetto di costruzione del veicolo e l’altra dall’errata installazione dell’impianto di antifurto”.

Pertanto, se l’ auto va a fuoco a causa di un cortocircuito, una solo delle cause sopra enunciate poteva essere ricondotta alla Fiat. Inoltre, nessuna delle due “poteva avere, in termini di probabilità, una maggiore attendibilità rispetto all’altra”.

Ne consegue, pertanto, che secondo la Cassazione in presenza di due cause alternative, entrambe probabili, erano gli attori a dover fornire le prove che consentisse di superare l’incertezza.

La Corte d’appello, dunque, aveva del tutto correttamente rigettato la domanda risarcitoria formulata dai ricorrenti. Ciò in quanto non era stato dimostrato il collegamento tra il vizio di costruzione dell’auto e l’incendio.

Alla luce di tali circostanza, non c’è stata alcuna violazione dei principi in materia di onere della prova. Dunque, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso proposto dai ricorrenti, confermando integralmente la sentenza impugnata e compensando tra le parti le spese processuali, “in considerazione degli esiti alterni dei giudizi di merito e della particolarità del caso”.

 

 

 

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