Vi avevamo promesso che avremmo approfondito la storia drammatica della bambina morta, a Roma, dopo un intervento di adenoidectomia e tonsilloscultura, in seguito a profusa emorragia di cui avevamo parlato in un precedente articolo.

Abbiamo chiesto un parere a un nostro esperto che presenta qui alcune considerazioni inerenti l’ accaduto:

La prima riguarda la indicazione a tale tipo di intervento e la scelta del luogo dove effettuarlo.

È riconosciuto che l’ intervento di tonsillectomia, e in misura minore quello di tonsilloscultura, rappresentino interventi routinari nella pratica orl; altrettanto però non si può dire per ciò che riguarda le possibili complicanze intraoperatorie, perioperatorie e post operatorie: esse rappresentano quasi sempre carattere d’urgenza e necessitano pertanto di appropriata terapia:
in effetti la tonsillectomia, non serve sempre.

L’intervento chirurgico alle tonsille e alle adenoidi è definito dai pediatri come operazione di routine, tuttavia non tutte (circa 80 mila l’anno) sono giustificate. Le linee guida nazionali messe a punto nel 2003 da un gruppo di esperti dell’Istituto superiore di sanità definiscono i paletti secondo i quali è pertinente un’operazione. I suggerimenti per una “una buona pratica clinica” riportati nel documento affermano che l’asportazione delle tonsille e adenoidi “è consigliabile nei bambini con sindrome dell’apnea ostruttiva di grado “significativo”; inoltre nelle forme severe di tonsillite acuta ricorrente la tonsillectomia è indicata, sia nei bambini sia negli adulti, in presenza di cinque o più episodi batterici documentati per due anni, invalidanti e tali da impedire le attività normali, con sintomi perduranti per almeno 12 mesi, e dopo un periodo ulteriore di osservazione di almeno 6 mesi.

In Italia secondo i dati delle dimissioni ospedaliere riportate dal ministero della salute sulla base delle cifre regionali, nel 2004 sono stati effettuati 50.000 interventi di asportazione delle tonsille in regime di ricovero ospedaliero e 27.000 in day hospital.

Sotto i 14 anni gli interventi sono stati 35.000: in particolare nella fascia di età 1-4 anni i bambini operati sono stati 9.050, le bambine 5.900; nella fascia 5-14 11.600 bambini e 9.800 bambine; tra i 15-24 anni 3000 giovani uomini e 4400 donne; tra i 25-44 anni 3.100 uomini e 3.800 donne. Il documento degli esperti dell’ Iss afferma inoltre che la tonsillectomia si associa a un rischio di morbosità perioperatoria stimato risulta intorno al 2-3%. L’incidenza della mortalità postoperatoria riportata in letteratura si approssima a quella dell’anestesia generale da sola, con 1 decesso ogni 10.000-35.000 casi.

Le cause principali di mortalità sono riconducibili alle complicazioni dell’anestesia, all’emorragia e all’iponatriemia (abbassamento del sodio nel sangue). In Italia, nel triennio 1999-2001, sulla base dei dati trasmessi al sistema informativo ospedaliero del Ministero della salute, risultano complessivamente 3 decessi avvenuti in seguito a chirurgia adenotonsillare, pari a 1 caso ogni 95.000 interventi. I dati sono stati confermati da un’indagine ad hoc che non permette peraltro di escludere una possibile sottonotifica degli eventi. (ANSA).

Da tale considerazioni ne discende la seconda considerazione: cioè che, qualora si determini un danno circolatorio che determini una profusa emorragia, con calo dei valori emoglobinici, sarebbe meglio trovarsi in una struttura Ospedaliera, pronta a garantire adeguato sostegno: infatti danni derivanti da lesioni di rami tonsillari (dalla palatina ascendente, linguale) devono essere trattati in maniera rapida con embolizzazione selettiva del vaso incriminato o allacciatura chirurgica della carotide esterna. Per tali motivi la S.i.o. ( società italiana di orl) già da qualche anno nelle sue linee guida puntualizza che non è consigliabile effettuare tali interventi in strutture non idonee.

In tali procedure atte ad evitare un exitus infausto l’equipe chirurgica deve essere pronta ad effettuare, dopo aver garantito le vie respiratorie mediante tracheotomia, un intervento di allacciatura della carotide esterna nel più breve tempo possibile, dopo aver zaffato il faringe, per evitare anche una infarcitura emorragica dei piani muscolari del collo determinato dal tamponamento verso l’esterno, che potrebbe rendere più difficoltosa la suddetta legatura, necessaria per la vita della paziente.

                                                                                       Dott. Fabio Manca

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