Entrambi i Giudici di merito rigettano la domanda risarcitoria essendo la causa della morte incerta.
La vicenda
L’attore si rivolgeva al Tribunale di Como per ottenere il risarcimento dei danni asseritamente conseguiti all’imperita condotta sanitaria in relazione alla vicenda clinica occorsa al padre.
Deduceva che, mentre era al telefono con il padre, lo aveva sentito poco lucido, con qualche difficoltà nel linguaggio, sicché tornato presso l’abitazione ove viveva con il congiunto, constatava che lo stesso era caduto e non riusciva ad alzarsi da terra, cosciente, ma disorientato e non in grado di ricordare il motivo della caduta.
Trasportato al Pronto soccorso, veniva sottoposto ad esami e accertamenti neurologici e, in assenza di emergenze in atto, alle ore 21.30 veniva trasferito in Osservazione Breve Intensiva, ove rimaneva sino a quando, alle ore 14.52 del giorno seguente, veniva ricoverato per ulteriori accertamenti nel reparto di Medicina d’Urgenza dello stesso nosocomio.
In suddetto reparto il paziente non veniva trattato con l’attenzione, la competenza e la diligenza che, invece, la sua situazione avrebbe sicuramente richiesto. Nel corso della notte, nell’assenza dei necessari controlli da parte del personale sanitario, l’attore notava un sonno inusuale da parte del padre e per questo chiamava e informava gli infermieri, i quali si limitavano, però, a rispondergli di non preoccuparsi. Anche altre volte, nel corso della medesima notte, tornava a chiamare il personale infermieristico, ma nessuno compariva per interloquire.
La notte trascorreva senza alcun tipo di misura o provvedimento, sino a quando, alle ore 6.00 del mattino, il paziente veniva definito dal personale infermieristico come “poco risvegliabile”, così come due ore dopo, alle ore 8.00, quando in cartella infermieristica veniva descritto come soporoso e con respiro russante. Veniva quindi allertato il medico di guardia, il quale si presentava solo alle ore 9.00 per verificare che il paziente era ormai non contattabile e per constatarne, alle ore 9.10, l’intervenuto arresto cardiocircolatorio e dichiararne il decesso.
La mancanza del nesso eziologico
Il Tribunale di Como rigetta la domanda dell’attore ritenendo che fosse mancata la prova non solo di una condotta colposa o inadempiente da parte dei sanitari dell’Azienda Socio Sanitaria Territoriale, ma anche di un nesso eziologico tra la condotta dei medesimi e il decesso, essendo, all’esito dell’istruttoria, la reale causa della morte incerta.
In sintesi, si lamenta che sarebbero state disattese le Linee Guida e in generale le risultanze probatorie sulla scorta di un convincimento illogico e di inversione dell’ordine delle fonti di convincimento a cui la Magistratura è chiamata ad attingere nella valutazione delle risultanze probatorie.
Riguardo al preteso errore di percezione lamentato, in cui sarebbe incorsa la Corte d’Appello per aver ritenuto l’assenza nel fascicolo d’appello di parte appellante delle Linee Guida e della letteratura medica, la S.C. richiama il principio secondo cui, ove il ricorrente denunci anche il rifiuto del Giudice di merito di dare ingresso a mezzi istruttori ritualmente richiesti, egli ha l’onere di dimostrare che con l’assunzione delle prove richieste la decisione sarebbe stata diversa, in base a un giudizio di certezza e non di mera probabilità, così da consentire alla Suprema Corte un controllo sulla decisività delle prove.
Il ricorrente non ha assolto l’onere di dimostrare la decisività delle prove mancate e la relativa censura imporrebbe una nuova valutazione istruttoria, pacificamente estranea al giudizio di legittimità.
La valutazione della Corte d’Appello
Ebbene, la Corte d’Appello ha osservato:
- che i CTU avevano dedicato al rispetto delle Linee Guida alcune pagine della loro relazione, esponendo che nella gestione del trauma cranico, nel caso in esame, il percorso diagnostico prevedesse l’applicazione delle Linee Guida nazionali SINCH (Società Italiana di Neurochirurgia) e l’osservanza delle buone pratiche cliniche;
- che dai richiamati accertamenti dei CTU risultava l’assenza di responsabilità medica.
Difatti, il paziente, condotto in Pronto soccorso, era stato sottoposto a un adeguato percorso comprendente visite cliniche e accertamenti strumentali, conclusosi con la decisione di trattenerlo in osservazione in regime di ricovero. Per tali ragioni, i Giudici di appello hanno affermato che, sulla base del quadro clinico complessivo del paziente e degli accertamenti strumentali già eseguiti in Pronto Soccorso, gli ulteriori esami presso il reparto di Medicina d’Urgenza, pur ragionevolmente da eseguire, non fossero certo da eseguire in urgenza.
La causa della morte incerta
La Corte d’Appello ha ritenuto che la scelta di non richiedere ulteriori accertamenti nel corso della notte risultasse giustificata anche alla luce del fatto che alle ore 6.00 il paziente conservava un atteggiamento oppositivo. Sulla base degli accertamenti medico-legali, è stato ritenuto che “dal carattere oppositivo del paziente (che dunque era verosimilmente sveglio) egli fosse in una situazione di addormentamento anomalo in ragione del farmaco ipnoinducente somministrato, con ciò condivisibilmente escludendo qualsivoglia profilo di responsabilità degli infermieri per non aver allertato il medico di guardia alle ore 6.00.”
Invero, è stato dato atto che, stabilizzatosi clinicamente il paziente a seguito del trattamento ricevuto in Pronto soccorso, lo stesso era stato ospedalizzato in un adeguato reparto di Medicina d’Urgenza per le cure del caso, interrotte dall’improvviso decesso. Rispetto al quale, in assenza di esame autoptico, non è emerso quale sia stata la causa ultima della morte improvvisa.
Ed è per queste ragioni che la Corte di Milano ha condiviso il primo grado, che aveva escluso non solo la prova di una condotta inadempiente o colposa dei medici della struttura sanitaria, ma anche la prova del nesso eziologico tra la condotta e l’evento morte.
Il ricorso viene integralmente rigettato (Corte di Cassazione, III civile, ordinanza 25 marzo 2025, n. 7882).
Avv. Emanuela Foligno