Il provvedimento è giustificato se le mansioni sono redistribuite fra gli altri lavoratori

Licenziato in seguito alla chiusura della sede romana della società presso cui prestava servizio, un lavoratore ricorrere alle vie legali conto tale provvedimento. In secondo grado di giudizio la Corte di Appello, riformando la sentenza del Tribunale, gli dava ragione ordinando all’azienda la riassunzione o, in mancanza, condannandola al pagamento di un’indennità pari a cinque mensilità della retribuzione.
L’impresa datrice di lavoro aveva a sua volta impugnato tale decisione davanti alla Suprema Corte di Cassazione, evidenziando come il Giudice di secondo grado, nel ritenere il licenziamento illegittimo,  non avesse dato corretta applicazione all’articolo 3 della legge n. 604/1966  in materia di licenziamenti individuali, nonché all’articolo 41 della Costituzione.
Nello specifico la Corte d’appello avrebbe erroneamente ritenuto “irrilevante come giustificato motivo oggettivo di licenziamento la pur accertata chiusura della sede di Roma della società ricorrente cui era adibito l’attore,  sol perché non erano state soppresse le mansioni affidategli”. L’azienda sosteneva invece che “un giustificato motivo oggettivo di licenziamento può consistere anche nella soppressione d’una singola posizione lavorativa con redistribuzione fra altri lavoratori delle mansioni assegnate al dipendente licenziato”.
Gli Ermellini, con sentenza n. 19185/2016 hanno ritenuto fondate tali argomentazioni accogliendo il relativo ricorso. Per i Giudici di Piazza Cavour, infatti, il giustificato motivo oggettivo previsto dalla normativa vigente ben può consistere anche in una diversa distribuzione di determinate mansioni, tale da far emergere l’esubero della posizione lavorativa del lavoratore licenziato”. La Cassazione ha così confermato l’orientamento già espresso con la sentenza n. 21121 del 2004, considerando legittimo il licenziamento rinviando la causa alla Corte d’Appello affinché si esprimesse nuovamente sulla vicenda.
Secondo le precisazioni del Palazzaccio, “il diritto del datore di lavoro di ripartire diversamente determinate mansioni fra più dipendenti non deve far perdere di vista la necessità di verificare il rapporto di congruità causale fra la scelta imprenditoriale e il licenziamento, nel senso che non basta che i compiti un tempo espletati dal lavoratore licenziato risultino essere stati distribuiti ad altri, ma è necessario che tale riassetto sia all’origine del licenziamento anziché costituirne mero effetto di risulta”.

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