In caso di clausola compromissoria societaria, inserita nello statuto anteriormente alla novella di cui al d.lgs. n. 40/2006, è ammissibile l’impugnazione del lodo per errores in iudicando anche ove, per decidere, gli arbitri abbiano conosciuto di questioni compromettibili e il giudizio non abbia ad oggetto l’invalidità di delibere assembleari

È quanto di recente affermato dalla Suprema Corte di Cassazione pronunciatasi in materia di arbitrato e societario e relativo regime delle impugnazioni.

La vicenda

Con sentenza della corte d’appello di Firenze, era stata rigettata l’impugnazione proposta dall’attore nei confronti di un lodo arbitrale di natura societaria pronunciato su domanda della controparte.
Con tale lodo, l’arbitro unico, aveva (i) dichiarato la nullità o inefficacia della sottoscrizione, da parte di una società per azioni, di un primo aumento di capitale deliberato nel 2005 dalla controllata s.r.l. e, come effetto conseguente, la nullità o inefficacia della sottoscrizione di un secondo aumento di capitale deliberato dalla medesima nell’anno 2007; (ii) condannato in solido, ai sensi dell’art. 2497 c.c., la società e gli amministratori di questa al risarcimento dei danni patiti dall’attrice.

Come è agevole comprendere il tema della vicenda ruota attorno ad un tema: è possibile impugnare il lodo arbitrale per violazioni a norme di diritto sostanziale?

Nella specie, si trattava di arbitrato societario regolato dal D.Lgs. n. 5 del 2003, art. 36; norma, che si pone in relazione di specialità con la disciplina dell’allora art. 829 c.p.c., comma 2, ivi richiamata.
Il testo originario della predetta disposizione normativa prevedeva che, salvo deroghe convenzionali, i lodi arbitrali fossero sempre impugnabili per violazione di norme di diritto sostanziale; mentre nel suo nuovo testo, introdotto dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 24, l’art. 829, comma 3, prevede all’opposto che l’impugnazione dei lodi arbitrali per violazione di norme di diritto sostanziale è ammessa solo “se espressamente disposta dalle parti o dalla legge”.
«In concreto ciò equivaleva a dire che il silenzio delle parti stipulanti rendeva in origine impugnabile il lodo arbitrale anche per violazione delle norme di diritto sostanziale».
Mentre così non è in base all’art. 829, comma 3 c.c..
Al riguardo la giurisprudenza di legittimità ha chiarito che, l’art. 829, comma 3, riformulato dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 24, si applica, ai sensi della disposizione transitoria di cui all’art. 27 del D.Lgs. n. 40 cit., a tutti i giudizi arbitrali promossi dopo l’entrata in vigore della novella – il che era quanto sostenuto, nella vicenda in esame, dalla parte controricorrente.

L’impugnazione del lodo arbitrale per violazione delle regole di diritto

Tuttavia, ai fini dell’ammissibilità dell’impugnazione per violazione delle regole di diritto, la legge – cui l’art. 829, comma 3, rinvia – deve essere identificata in quella vigente al momento della stipulazione della convenzione di arbitrato.
«Sicché, in caso di convenzione cd. di diritto comune stipulata anteriormente all’entrata in vigore della nuova disciplina, nel silenzio delle parti deve intendersi ammissibile l’impugnazione del lodo, così disponendo l’art. 829 c.p.c., comma 2, nel testo previgente, salvo che le parti stesse abbiano autorizzato gli arbitri a giudicare secondo equità o abbiano dichiarato il lodo non impugnabile (Cass. Sez. U n. 9284-16)».

Tale disposizione riguarda, tuttavia, la convenzione arbitrale di diritto comune. E per l’arbitrato societario?

In relazione all’arbitrato societario, viene in rilievo il D.Lgs. n. 5 del 2003, art. 36 cit., secondo il quale, “anche se la clausola compromissoria autorizza gli arbitri a decidere secondo equità ovvero con lodo non impugnabile, gli arbitri debbono decidere secondo diritto, con lodo impugnabile anche a norma dell’art. 829 c.p.c., comma 2, quando per decidere abbiano conosciuto di questioni non compromettibili ovvero quando l’oggetto del giudizio sia costituito dalla validità di delibere assembleari”.
Ebbene, nel caso in esame, pacificamente l’oggetto di arbitrato non era la validità o meno delle delibere assembleari di aumento di capitale, ma solo la validità delle conseguenti sottoscrizioni.
Occorreva, in sostanza, accertare se clausola compromissoria societaria fosse o meno anteriore al 2006, poiché l’oggetto dell’arbitrato non implicava un giudizio sulla validità delle deliberazioni, ma solo sulla validità della sottoscrizione degli aumenti di capitale (e sul danno), e poiché per decidere sul merito non risultava che l’arbitro avesse dovuto estendere l’esame incidentale su questioni non compromettibili, la corte d’appello non avrebbe potuto escludere l’ammissibilità delle censure di violazione di regole di diritto sol perché tali regole erano state invocate – senza esserlo – come regole di ordine pubblico.
Per tali ragioni, la decisione impugnata è stata cassata con rinvio alla corte di merito che dovrà attenersi al seguente principio: “in caso di clausola compromissoria societaria, inserita nello statuto anteriormente alla novella di cui al D.Lgs. n. 40 del 2006, è ammissibile l’impugnazione del lodo per errores in iudicando anche ove, per decidere, gli arbitri abbiano conosciuto di questioni compromettibili e il giudizio non abbia a oggetto l’invalidità di delibere assembleari, poiché il riferimento del D.Lgs. n. 5 del 2003, art. 36 all’art. 829 c.p.c. va sì correlato al nuovo comma 3 della disposizione citata, ma pur sempre implica che, per stabilire se l’impugnazione sia ammessa dalla legge, si abbia riguardo alla legge vigente al momento della stipulazione della convenzione di arbitrato”.

La redazione giuridica

 
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